Se Guantanamo vi sembrava troppo
Ricostruiamo l'ultima settimana di vicende legate al pronto soccorso dell'ospedale di Circolo di Varese
Il pronto soccorso è la prima linea di ogni ospedale. È sempre in affanno e in difficoltà. Quello nuovo di Varese ha subito mostrato tanti limiti e le affermazioni di Bresciani sono lì a confermarlo. L’assessore ammette che l’ospedale è sotto dimensionato e che questo è accaduto perché finora la Regione ha tenuto conto di standard fissati a tavolino. Ora ci si accorge che le esigenze del territorio sono diverse e che il pronto soccorso da luogo dell’emergenza e transito è diventato un reparto a tutti gli effetti ospitando anche degenze.
Se si ripercorre la sua breve vita si nota la marea di difetti presenti. All’inizio ci sono stati addirittura problemi di sicurezza. Un ingresso sulla strada senza alcun filtro ha generato diversi problemi per chi gestisce il triage.
Superato quelli è emerso un aspetto delicato, per altro mai pienamente risolto, che riguarda la gestione delle informazioni per i familiari degli assistiti. Nessun collegamento con persone ad aspettare trepidanti per ore senza sapere le sorti del malato.
L’ultimo racconto ha superato ogni limite tanto che forzando un po’ il titolo la lettrice ha paragonato l’odissea di sua madre a Guantanamo.
Una semplice lettera che ha scatenato il finimondo e molte prese di posizione. Un racconto che non ha trovato stupiti molti che lavorano in pronto soccorso e che spesso hanno pronunciato quel luogo come esempio dei problemi presenti. Potrà sembrare inopportuno un simile paragone, ma di fatto quello successo alla lettrice fa riflettere e molto.
E così una lettera ha messo in moto reazioni a catena. L’assessore Bresciani ha subito chiesto un’indagine per appurare le responsabilità. Il direttore generale Walter Bergamaschi appena letto il racconto della signora Peruzzi, oltre a scusarsi con la signora si è attivato e sono così seguiti diversi incontri che di fatto sembravano portare una calma dopo la tempesta senza sostanziali novità.
Il responsabile della strutttura, il dottor Francesco Perlasca spiegava le sue ragioni sostenendo che ora tutto sarebbe stato risolto.
Poi l’uscita dell’assessore che promette un investimento ulteriore e 28 nuovi posti letto.
A leggerla così sembrerebbe un finale a lieto fine, ma c’è da dubitarne perché intorno all’ospedale si muovono interessi politici ed economici enormi. E non è affatto una questione di semplice organizzazione, perché altrimenti dovremmo pensare davvero male, come si legge tra le righe della nuova lettera della lettrice e di molti commenti dei lettori.
I signori della politica traccino pure le loro strategie più o meno di occupazione di spazi di potere, ma almeno risolvano i problemi reali delle persone che vivono la sofferenza vera.
Da parte nostra non dobbiamo mai smettere di fare domande e di stupirci di fronte ai problemi. Senza demagogia o catastrofismi inutili non ci dobbiamo mai assuefare a una pratica che sembra consolidata. Non possiamo scrivere giorno dopo giorno come fosse una mera contabilità dei problemi.
Proprio per questo dobbiamo tutti un grazie alla nostra lettrice nella speranza che non si debba mai più parlare di Guantanamo.
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