«Vogliono chiudere Varese» i sindacati di Ubi Banca non firmano l’accordo
Salta l'accordo sull'"affinamento" del piano industriale. «Ci hanno fatto proposte che non era dignitoso accettare». Sempre più temuta la chiusura dell'unità direzionale di Varese
«Giovedì 4 giugno si è chiusa senza accordo la procedura sull’affinamento del piano industriale del Gruppo Ubi, e tutte le nostre preoccupazioni espresse dopo il primo incontro si sono materializzate: durante tutta la trattativa l’azienda ha infatti mantenuto un atteggiamento di forte chiusura. E alla fine ci ha fatto delle proposte che abbiamo ritenuto più dignitoso non accettare» Cosi spiega Paolo Henin, di Fabi, portavoce delle sigle dei sindacati del credito Dircredito – Fabi – Fiba Cisl – Fisac Cgil – Ugl-Uilca l’ultima “puntata” della vicenda Ubi che li ha spinti a non firmare l’accordo.
Il progetto di “affinamento” di Ubi Banca è solo l’anticipo di una profonda revisione del piano industriale 2007 che, più volte annunciata, viene sempre posticipata. «Per questo le scelte fatte e ribadite in questi giorni ci preoccupano: temiamo infatti che sia solo l’aticipo di una manovra che porterà alla chiusura definitiva degli uffici UBI, ultimo baluardo di “varesinità” del gruppo».
Gli uffici di cui si parla non sono infatti quelli degli sportelli delle banche: sono quel che resta dell’ex ufficio direzionale di Masnago, che ora è diviso tra i piani alti dell’ex sede del credito Varesino di via Vittorio Veneto e dell’ex sede della Banca Popolare di Luino e Varese.
«Non si parla, beninteso, di esuberi o licenziamenti – precisa Henin – Ma di mancate sostituzioni per chi si licenzia o va in pensione, e mancate assunzioni di precari. Il risultato, nel senso del restringimento della forza lavoro, è lo stesso, e sembra proprio preannunciare uno svuotamento della sede varesina».
I lavoratori ora chiedono di trasferire parte dei lavori direzionali svolti a Bergamo o Brescia negli uffici di Varese, ma dall’altra parte della Pedemontana sembrano non sentirci.«Purtroppo Ubi, anziché investire sulle persone, sulla valorizzazione delle professionalità, sull’attaccamento al territorio come ha dichiarato, sembra invece voler puntare solo al risparmio dei costi tagliando occupazione nel capoluogo» commenta Rosalina di Spirito,rappresentante sindacale di Ubi Banca. «Ribadiamo che da parte nostra il rilancio e il riposizionamento del Gruppo non può basarsi esclusivamente sui tagli al personale, in particolare sui giovani precari, sulle riduzioni dei poli (garantiti dal piano industriale) e dell’insediamento territoriale che mette in discussione l’identità nazionale del Gruppo UBI».
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