La Coldiretti contro gli espropri “pedemontani”
Fiori: «Pedemontana, Varesina Bis e Arcisate-Stabio sono opere importanti per lo sviluppo del paese, ma anche l’agricoltura è patrimonio economico e territoriale da difendere e salvaguardare a tutti i costi»
Pedemontana, Varesina Bis e ferrovia Arcisate-Stabio sono opere importanti per lo sviluppo del paese ma anche l’agricoltura non scherza, come patrimonio economico e territoriale da difendere e salvaguardare a tutti i costi.
Per questo il neo presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori (nella foto) ha deciso di intervenire sulla questione della perdurante soppressione di aree e superfici agricole sul territorio varesino. «La situazione è drammatica -sottolinea Fiori – e i dati del censimento dell’agricoltura parlano da soli: in 10 anni in Lombardia sono stati persi quasi 200.000 ettari di suolo agricolo, la provincia di Varese in particolare ha perso oltre il 23% di superficie agricola utilizzata ottenendo il primato peggiore di tutta la regione lombardia, e per il prossimo decennio (censimento 2000-2010) le proiezioni non fanno ben sperare».
Coldiretti Varese è preoccupata in particolare per l’impatto e l’invasività delle opere in programma e Fiori articola una proposta su vari livelli per contenere l’impatto sul settore agricolo provinciale: «Innanzitutto, i danni che subiranno gli operatori dovranno essere ampiamente compensati da congrui livelli di indennizzo in sede di esproprio. Poi, agli agricoli dovranno essere affidate le attività di ripristino e di compensazione ambientale nonché gli interventi di gestione e manutenzione delle aree verdi interessate dalle opere. Le opere di compensazione dovranno essere orientate al recupero di terreno per uso agricolo produttivo e non esclusivamente di rimboschimento (in provincia di Varese oltre il 60% del territorio è già boschivo – anche questa percentuale è sopra la media lombarda). Infine i programmi in fase di studio, orientati al rilancio della collina e del pianalto varesino, dovranno prevedere, tra l’altro, la possibilità che la pubblica amministrazione affidi all’agricoltura il recupero e la coltivazione degli incolti».
Una lista di regole necessarie, per Coldiretti, anche in merito al Piano Casa in discussione al Pirellone: a sostegno in particolare delle cascine lombarde. Legando però il recupero alla funzione agricola e alle sue attività connesse, senza prestare il fianco a possibili speculazioni.
«L’esperienza ci insegnache quando il recupero delle strutture rurali viene fatto da soggetti diversi dall’imprenditore agricolo, magari cambiando le vecchie destinazioni d’uso, l’attività agricola immediatamente muore e non solo nell’edificio recuperato, ma anche nel contesto territoriale vicino – conclude Fiori – Basta che qualche “nuovo abitante” della cascina recuperata solleciti l’Asl di turno ad intervenire per la puzza delle vacche e il destino di questa stalla è segnato. Se il recupero è in funzione di attività che nulla hanno a che fare con l’agricoltura si decreta per legge la sua fine».
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