«Ci vuole rispetto»: Gornate Olona, il giorno dopo

Tra mazzi di fiori, cronisti, militari al lavoro e le parole della gente al bar. Che, nel silenzio irreale del giorno dopo, fanno risuonare la "pietas" dei concittadini

Il day after della frazione Biciccera è cupo come il cielo che la sovrasta. Lacrime di rugiada bagnano il prato al civico 1, all’angolo di via Gallizia. Una villetta circondata dal nastro biancorosso dei carabinieri e tappezzata dalle notifiche di sequestro dell’autorità giudiziaria. Alle 11 di mattina scatta l’annaffiatoio automatico, ignaro dell’inutilità dei suoi servigi. Maurizio Dal Cero non tagliava il prato da giorni, ormai aveva deciso che non ne valeva la pena.

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Giornalisti e fotografi, in cerca non si sa bene di cosa, ciondolano imbarazzati per la via: preferirebbero essere a mille miglia da qui, e poter dimenticare. Il nastro d’asfalto di Via Biciccera, così domestico dalla provinciale che sale da San Pancrazio, da dove parte di fronte ad una chiesetta ("Mater mea, fiducia mea" si legge sul frontone) si perde in fondo in uno sterrato da incubo che, come un Calvario, risale a tornanti dall’Olona, fra sassi enormi. La frazione risuona dei richiami di cani e galli, si vede persino una capretta che bruca in un orto. La campagna e la città si fondono nell’implacabile normalità dei luoghi in cui accade l’inconcepibile.

Mentre nella villetta teatro della strage i militari raccolgono gli effetti personali e tutto quanto possa illuminare le circostanze della tragedia familiare, presso l’ampio capannone dove aveva lavorato Maurizio e soprattutto in casa dei familiari di lei, dall’altro lato della strada, è una triste processione di volti tirati e occhi gonfi. Nessuno vuole parlare, il loro è un dolore troppo grande e improvviso per poter essere espresso con parole umane. Non occorre essere dei maestri di sensibilità per capirlo. Basta tornare alla villetta. Venti metri a piedi e nel giardino la porta da calcio è lì che aspetta un gol che non ci sarà più. Ancora l’altro ieri Mattia e Fabio giocavano, sognando i campioni visti in tv: poi papà ha fischiato la fine.
Un mazzo di fiori viene deposto sulla cancellata, la cui modestia, il cui valore difensivo pari a zero, contrasta con quel cartello che avverte di stare "attenti al cane, al padrone e a tutta la famiglia". "Per Fabio e Mattia. Tuo zio Tiziano" recita semplicemente il biglietto accluso ai fiori. L’uomo si allontana a testa bassa, risale in auto, se ne va. Altri arrivano e si fermano un attimo, su questa via trafficata in un modo insospettabile per un sabato d’agosto. Sguardi carichi d’angoscia, poi quando ci si avvicina, sgommano via.
Per raggiungere il capoluogo comunale bisogna attraversare la Valle Olona, scendere e risalire. La piazza principale di Gornate non offre particolari spunti, ci sono più cronisti che passanti. Al bar i commenti sono, appunto, da bar. Nella chiacchiera quotidiana è difficile parlare d’altro. «Siamo sconvolti» ci dice la barista, «se ne parla eccome. Qui tanti conoscevano almeno di vista i coniugi e i loro ragazzi, c’erano tutti i genitori dei bambini che frequentano la scuola. È triste». «Bisogna avere del gran rispetto» aggiunge con aria di rimprovero Simone, un giovane piccoletto e barbuto, «non andare in giro a… È stata una disgrazia: ci vuole rispetto». «Bravo: ben detto» concludono gli altri avventori. E il silenzio del pudore torna ad avvolgere una comunità ferita.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Agosto 2009
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