L’ipocrisia disabile
di Stefania Radman
Un’ora e mezza a parlare di diritti dei disabili. Nel sopralluogo effettuato con assessori, tecnici comunali e delle nord giornalisti e operatori, il problema di Viale Milano sembra sia innanzitutto lì, nell’ingiustizia sociale che il cantiere pone ai disabili, che “non possono più passare, insieme ai passeggini, dall’altra parte, senza gravi disagi”.
È vero, stravero. Ma, ahimè, era verissimo anche prima del 23 luglio. Anche prima del cantiere i sottopassi pedonali non erano agibili ai disabili, e per un disabile andare dalle ferrovie dello stato alle nord è sempre stata un impresa. Per non parlare di raggiungere il centro. Il dubbio, malizioso, è che i problemi dei disabili si scoprano quando i disagi li subiscono “i normali”, i bipedi, insomma quelli che non vogliono fare il giro lungo perchè non l’hanno mai fatto.
Tant’è vero che basta mettersi mezz’ora con una telecamera e si vedono infrazioni di ogni genere, prevalentemente messe in pratica da “normodotati”. Ed è meglio non pensare nemmeno a cosa succederà quando orde di ragazzini, insofferenti già di loro alla discioplina, affronteranno quell’ormai antipatico incrocio.
Le soluzioni, ad un cantiere così ingombrante e importante, sarebbero invece fatte di pazienza e il buonsenso: da parte delle istituzioni, che possono pensare le deviazioni in modo che siano meno distanti possibile dalle abitudini normali, e dei cittadini che di fronte a imposizioni ragionevoli devono adeguarsi. Perchè questo succede, di solito, in un paese civile, che si ricorda dei disabili ogni giorno, non quando servono a mò di scudo per le necessità dei ”normali”.
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