Una famiglia italiana su dieci è badante-dipendente
In Italia, secondo una ricerca del Censis, lavorano 1,5 milioni di colf e badanti, il 37% in più che nel 2001. Le straniere sono presenti in media da 7 anni e mezzo nel nostro Paese
Sono 1 milione 485 mila le colf e le badanti in Italia, di cui il 71,6% di origine immigrata. Queste ultime lavorano in media 35 ore alla settimana e guadagnano circa 930 euro netti al mese. La maggioranza (il 58,1%) lavora per una sola famiglia, il 41,9% è «pluricommittente», trovando impiego in media presso 3,2 famiglie.
Sono alcuni dei primi dati di un’indagine del Censis che verrà presentata nel mese di ottobre. L’indagine tratteggia il profilo dei collaboratori domestici, che costituiscono ormai un tassello fondamentale dell’articolazione del nostro sistema di welfare e un elemento insostituibile della gestione familiare.
Tra il 2001 e il 2008 il numero di colf e badanti è passato da 1 milione 83 mila a 1 milione 485 mila, registrando una crescita del 37%. E sono ormai 2 milioni 451 mila le famiglie che ricorrono a un collaboratore domestico o all’assistenza per un anziano o un disabile, ovvero il 10,5% delle famiglie italiane.
Il 35,6% delle badanti straniere vive stabilmente presso la famiglia per cui lavora, dove si occupa dell’organizzazione della vita quotidiana a 360 gradi: la gran parte (l’82,9%) si dedica alla pulizia della casa, il 54,3% prepara i pasti a pranzo e a cena, il 42,7% si occupa della spesa alimentare per la famiglia, il 49,5% accudisce gli anziani, il 32,4% assiste una persona non autosufficiente, il 28,8% fornisce specifica assistenza medica ad uno o più membri della famiglia. Più di un terzo (il 36,6%) dichiara, inoltre, che il proprio lavoro consiste anche nel fare compagnia a un membro della famiglia, a conferma del fatto che questi servizi di microwelfare personale non si esauriscono nella dimensione
esclusivamente professionale.
Se il futuro del nostro welfare sembra ormai consolidarsi attorno al ruolo chiave di decine di migliaia di lavoratori invisibili, occorre chiedersi in quale modo il sistema intenda garantire anche a loro una prospettiva di vita stabile e sicura nel nostro Paese.
Un’esigenza che non può essere trascurata, considerato che più di un terzo delle badanti straniere può pensare ad un progetto di vita in Italia – in quanto si tratta di cittadine di un Paese membro dell’Unione europea, hanno preso la cittadinanza italiana o hanno ottenuto la carta di soggiorno – ma il resto deve confrontarsi con il periodico rinnovo del permesso di soggiorno o si trova in condizione di irregolarità.
E ciò malgrado si tratti di persone che vivono ormai stabilmente in Italia, in media da 7 anni e mezzo, e svolgono tale attività mediamente da 6 anni e 5 mesi. In effetti, una buona quota di badanti inizia ad essere avanti con l’età: il 13,6% ha più di 50 anni, il 29,1% tra 41 e 50 anni. Anche se la maggioranza resta al di sotto della soglia dei 40 anni: il 18% ne ha meno di 30 e il 39,3% ha tra 30 e 40 anni.
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