“Studieremo la città con gli occhi di chi viene da fuori”
Il lago, le castellanze, il centro e una periferia espansa. La città raccontata dall'architetto Mario Botta
«Mettiamo subito dei paletti, perchè in molti ci hanno già interpellato e c’è grande attesa sui risultati. Noi non siamo qui a trovare soluzioni, ma a dare stimoli: forniremo una lettura “esterna” dei problemi, dandone una visione un po’ diversa».
A parlare, con concretezza, è Mario Botta: l’architetto svizzero di fama internazionale parla da "preside di facoltà" (per l’accademia di Mendrisio è "direttore di diploma") e difende l’opera completamente libera e teorica dei suoi alunni, che saranno capitanati da 11 architetti provenienti da tutta Europa, per quella che non solo è una complessa e originale operazione accademica, ma anche «Il più grande regalo che poteva ricevere la città di Varese» come l’ha definito Marcello Morandini (nella foto a destra, mentre conversa con Botta), varesino, architetto di fama internazionale anch’egli, presente alla presentazione dell’iniziativa.
Dopo Venezia, Padova o Losanna, come è nata la scelta di Varese?
«Innanzitutto, ci siamo domandati (nel 2007, ndr) il destino dei territori contigui ad Alp Transit, una infrastruttura destinata a cambiare le geografie delle cità attraversate. Poi ci siamo focalizzati su Varese, attigua ma non troppo, e che quindi poteva essere compresa o tagliata fuori allo stesso modo dalla questione. Varese non è una città unitaria, con un centro e un limite definiti. Varese è un’ insieme di castellanze che solo in tempi recenti ha trovato una sua unità. Da questa sttruttura iniziale si dipana una tessitura espansa, che ha bisogno di essere ricontrollata. Ad esempio, parliamo del lago: che non è mai stato sentito come territorio della città, come facente parte della sua struttura ma che ora, con la progressiva urbanizzazione della zona, potrebbe esserne conglobato»
Quali sono i punti più brutti di Varese?
«I punti più brutti sono i punti meno disegnati: quelli dove le castellanze si sono espanse al di là del loro nucleo originale, in modo disordinato e senza regole. Penso alle case più popolari, ad esempio. Esteban Bonell (spagnolo di barcellona, uno degli architetti professori che seguiranno il progetto, ndr) è specializzato in architettura sociale, e sono certo che indirizzerà il suo gruppo vero questo genere di studio»
Non si parlerà solo di piazza Repubblica o del Teatro quindi
«Mi farebbe piacere che il lavoro dei ragazzi si concentrasse su alcuni punti della città, che magari sono stati oggetto di discussione, come anche piazza della Repubblica. Sarebbe bello però che non si affrontassero solo i grandi temi, ma anche altri luoghi seguendo le specializzazioni dei vari professori. Come per esempio quella dello zurighese Martin Boesch, specializzato nell’uso di aree dismesse (tra le aree, cui sono anche l’ex Aermacchi e l’ex Malerba, ndr)».
I ragazzi si muoveranno sul terrotirio o lavoreranno sulle mappe, sulla teoria?
«Avete buoni ristoranti, ottime gelaterie e belle ragazze, altrochè se verranno gli studenti! Fuori dagli scherzi, è proprio la vicinanza dell’oggetto di studio con Mendrisio a rendere facile la possibilità di lavorare sul territorio. Un vantaggio per gli studenti, che lavoreranno sul campo, e anche per la città»
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