Avviata la sperimentazione della “residenzialità leggera”

L'iniziativa ha come obiettivo il tentativo di dare una possibilità di esperienza di autonomia abitativa a persone affette da malattie mentali in fase di stabilizzazione

Il Comune di Rho, insieme agli altri Comuni inseriti nel Piano Sociale di Zona del Rhodense, ha aviato il progetto sperimentale della “residenzialità leggera”, che ha come obiettivo il tentativo di dare una possibilità di esperienza di autonomia abitativa a persone affette da malattie mentali in fase di stabilizzazione.
Il tema dei malati psichiatrici è molto delicato ed è stato oggetto di serie riflessioni all’interno del Piano Sociale di Zona del Rhodense ormai da parecchi anni. E’ stato istituito nel 2005 un Tavolo tematico dedicato esclusivamente a queste problematiche che viene sistematicamente convocato e al quale partecipano diversi soggetti: A.S.L., Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera “G. Salvini”, Unità Operativa di Psichiatria, Associazioni delle famiglie, Associazioni di Volontariato del territorio, Operatori del Terzo settore e, infine, gli Assessori dei Comuni.
Il riferimento legislativo del progetto è la D.G.R. della Regione Lombardia del 28 Febbraio 2007, che ha come oggetto il riordino della residenzialità psichiatrica, individuando quindi, accanto alle aree funzionali riabilitative e assistenziali, anche la possibilità di avviare percorsi di “residenzialità leggere”.
La domanda che si è posta sul tavolo è la seguente: quando i pazienti sono alla fine del loro percorso terapeutico e riabilitativo, come fare in modo che possano tornare a casa, portandosi anche tutte le capacità acquisite? Come aiutarli? Come poter assicurare loro un’assistenza minima?
Schematicamente, alla fine del percorso riabilitativo, sono ipotizzabili tre scenari:
• alcuni pazienti, se autonomi, tornano a casa propria o presso le proprie famiglie;
• altri, meno autonomi, quindi più compromessi, necessitano di strutture che garantiscano un’assistenza continua;
• altri ancora sono in grado di autonomia intermedia e quindi potrebbero essere inseriti in piccoli nuclei comunitari siti in case o appartamenti ed è a questi che si rivolge il Progetto.

Il Progetto prevede il reperimento di strutture abitative; ne sono state individuate tre, di cui una a Rho e due ad Arese; in tali strutture vengono inseriti i pazienti (al massimo 4 persone), segnalati dalla Psichiatria e che rimangono in carico e seguiti dal sistema sanitario. Vengono invece accompagnati nella loro quotidianità da una sorta di tutor. Questo è un Progetto sperimentale, un’esperienza che si prova indipendentemente da un esito “certo”. Si tenta di lavorare con questi pazienti per un anno, due; forse questa sarà la soluzione della loro vita.

Operativamente sono stati siglati diversi Protocolli (A.S.L., Azienda Ospedaliera, Enti locali, Terzo settore) e sono state individuate una decina di persone che lavorano e che risiedono nei Comuni del Distretto. A Rho hanno iniziato questa esperienza tre donne; l’appartamento è situato in via Donizetti ed è di proprietà della Fondazione Restelli. Due sono le Cooperative individuate dall’Azienda Ospedaliera: Il Portico e la Nazaret di Arese.

Il problema della salute mentale, di cui poco si parla, è molto diffuso e c’è ancora molta confusione su “chi” debba prendere in carico certe situazioni; il tema della “residenzialità leggera”, quindi, è molto sentito e avvertito come fondamentale dagli operatori dei servizi, dai familiari e dagli utenti, perché riguarda il futuro di persone che non possono né essere abbandonate né automaticamente inviate in istituzioni: la prospettiva è quella di offrire loro la possibilità di vivere in una “casa”, realizzando piccole comunità nel contesto del territorio e in rapporto a tutta la “rete” sociale.

E’ Carolina Pellegrini, Assessore alle Politiche Sociali e Servizi alla Persona del Comune di Rho, a sottolineare la portata del Progetto:

«Ogni persona è ciò che è, nel rispetto della propria dignità e libertà. Le problematiche legate alla Psichiatria sono complesse: siamo consapevoli, anche come amministratori, che si faccia poco, ma l’impegno è quello di lottare contro lo stigma e cercare in tutti i modi di recuperare il possibile. Il progetto va incontro a una esigenza molto sentita e dai pazienti e dalle loro famiglie, che non possono essere lasciate sole. Oltre alla cooperazione sociale, grande supporto è dato dalle associazioni del territorio, creando così una rete sociale molto forte e che non finirò mai di ringraziare.».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Ottobre 2009
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