Cecchi Paone e la legge sull’omofobia: «Nessuno ci difende, voglio le ronde arcobaleno»
Il celebre presentatore, docente dell'Insubria, commenta l'affossamento della legge antiomofobia e recupera concetti leghisti. Un attacco duro ai movimenti omosessuali, impegnati a "piangere" e incapaci di reagire
Dopo l’affossamento della legge sull’omofobia, avvallato sia dal voto della maggioranza sia da quello dell’opposozione, il docente dell’Università dell’Insubria e presentatore televisivo Alessandro Cecchi Paone ha scritto una dura lettera al Corriere della Sera. Nel testo Cecchi Paone (che ha fatto coming out nel 2004) attacca duramente i movimenti gay italiani, considerandoli troppo deboli e impegnati solo nei “piagnistei”. Inoltre pesca il concetto tutto leghista delle ronde, immaginando delle ronde arcobaleno, un movimento di autodifesa del mondo omosessuale: «Furono o no le statuarie drag queen dello Stonewall di New York a dare il via alla rivolta liberale a stelle e strisce? Si sappia che operarono a colpi di borsetta e tacchi a spillo, supportate solo da orde di “orsi” massicci, pelosi e di cuoio nero ricoperti». Una provocazione o un’intenzione reale? Per saperlo l’abbiamo raggiunto telefonicamente in Tunisia, dove si trova per alcuni progetti televisivi
Dopo le ronde leghiste arrivano le ronde arcobaleno, ma sta facendo sul serio?
«La mia è una proposta concreta. Ovviamente sto parlando di ronde pacifiche e difensive, ma le recenti aggressioni e gli episodi di intimidazione ci fanno capire che non dobbiamo più apparire prede deboli e incapaci di difenderci. In grandi città come Roma le minoranze devono dimostrare di sapersi difendere, come è sempre accaduto».
Come organizzerebbe queste ronde?
«Prenderei spunto dai movimenti difensivi storici, come l’organizzazione della comunità ebraica o di altre minoranze durante i loro eventi. Ci sono anche tanti bravissimi ragazzi omosessuali nelle forze dell’ordine o nei vigili del fuoco: sicuramente non potrebbero partecipare in prima persona, ma ci potrebbero dare consigli. Ovviamente stiamo parlando di movimenti difensivi, ma dobbiamo pur rispondere alla minaccia».
Nella sua lettera al Corriere considera il movimento omosessuale italiano come il più maltrattato del mondo, ma di chi è la colpa?
«Il problema è molto ampio. Sicuramente a livello civile non abbiamo alcuna rappresentanza: politici, movimenti sindacali, destra e sinistra…cambia solo il linguaggio, ma nessuno si preoccupa davvero dei diritti degli omosessuali. La colpa, però, è anche dei movimenti: sono movimenti deboli, ingessati. Non possiamo più continuare a vivere nelle liturgie delle saune e delle discoteche, dobbiamo essere capaci di fare rete».
Un movimento omosessuale che prende “spunto” dalla Lega: è davvero una buona idea per ricominciare?
«Sicuramente la loro comunicazione è più aggressiva ed efficace. Loro non si fanno problemi se un loro ministro usa il termine “culattoni”, dovremmo iniziare a rispondere anche noi evidentemente. Molti comunicatori e creativi sono omosessuali, ci sono persone con grandi capacità innovative. Alla fine, però, ci ritroviamo con un movimento omosessuale ingessato e incapace di fare la differenza».
Da qui i riferimenti al movimento americano, che in origine faceva qualcosa di molto simile alle ronde…
«Esattamente: il movimento anglosassone ha molto da insegnarci. Dobbiamo riorganizzarci: voglio vedere molti giovani, facce nuove ed innovative. Basta con i “gay professionisti”, con i militanti per lavoro. Serve innovazione e la capacità di fare davvero cultura».
Su Internet in molti hanno criticato la scarsa partecipazione al corteo organizzato ieri sera in piazza Duomo a Milano, per protestare contro l’affossamento della legge. Un altro indice della scarsa incisività dei movimenti lgbt?
«Esattamente. Devo essere brutale: siamo all’anno zero, il movimento stesso non rappresenta più nessuno. Prendiamone atto e rimbocchiamoci le maniche».
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