I tre grandi obiettivi del presidente Malerba

Intervista al numero uno del Rugby Varese che domenica 18 tornerà a giocare sul campo di Giubiano. «Impianti, risultati e attività nel sociale; così potremo radicarci ancora di più in città»

rugby vareseSarà un "Levi" con una novità importante quello che domenica prossima riabbraccerà i ragazzi del Rugby Varese e il campionato di serie B. Una novità verde, nel senso che sul rettangolo di gioco di via Salvore è apparso un manto erboso frutto dei lavori e dei sacrifici della società biancorossa, che ha voluto dare una sistemata al proprio campo per il ritorno in quello che è il terzo campionato nazionale in ordine di importanza. Contro l’Ospitaletto la squadra di Borghetti e Tallarino ritroverà i propri riferimenti e cercherà di ottenere la prima vittoria dopo aver perso di misura all’esordio sul campo di Cassano Valcuvia (8-15 con Genova) e aver ceduto nettamente a Sondrio (42-8). Ne abbiamo parlato con Stefano Malerba, il presidente biancorosso che da alcuni mesi è subentrato a Tony Bulgheroni: è lui a indicare i tre grandi obiettivi del Rugby Varese nel medio periodo.

Presidente Malerba, rieccoci al Levi. Una struttura importante che non potrà però sostenere tutta l’attività sociale da qui in avanti.
«Siamo contenti di tornare nella nostra sede e devo ringraziare quelle persone che con la propria buona volontà e costanza hanno lavorato per far crescere l’erba in questi mesi. La partita giocata in Valcuvia intanto ci ha permesso di confermare i legami di amicizia con gli Unni che stanno portando a collaborazioni interessanti. Giubiano però non basta, visto che abbiamo circa 300 tesserati: per fortuna c’è un accordo con il comune per l’utilizzo del campo di via Landro a San Fermo. Un luogo in cui ci potrebbero essere possibilità per una futura cittadella ma per ora è presto: in questo momento il "Levi" rimane centrale. Però quello delle strutture è il primo grande obiettivo che ci poniamo».

Il secondo, immaginiamo, riguarda il lato sportivo.
«Esatto, quello sportivo e quello della nostra filosofia. Ci siamo dati una meta ambiziosa, ovvero nel medio termine raggiugere la Serie A, il secondo campionato nazionale (il primo si chiama "Super 10" ndr). Non è certo questo l’anno in cui ci riusciremo ma abbiamo intenzione di provarci, però mantenendo sempre il più stretto dilettantismo e utilizzando solo giocatori della provincia di Varese. L’obiettivo è quello di collocare gli atleti da un punto di vista lavorativo per poi farli giocare a rugby da noi; abbiamo cominciato con Yari Dubini, vogliamo farlo con altri che ora giocano in giro per l’Italia».

Sempre con Borghetti e Tallarino in panchina, ci pare di capire.
«L’estate scorsa, e anche adesso, vedo tanti motivi per tenerli con noi e non ne vedo nessuno che giustifichi un cambiamento sul ponte di comando. Quest’anno ritengo che la squadra sia buona anche se contro i professionisti rischia di pagare un po’ dazio sul piano atletico. Però i ragazzi devono convincersi delle proprie possibilità: a quel punto si toglieranno belle soddisfazioni».

Passiamo al terzo obiettivo del Rugby Varese.
«È quello legato al sociale, che comprende sia l’allargamento della base di tesserati con le squadre giovanili, sia l’aspetto legato ad alcuni progetti. Penso ad esempio a "Pali e quaderni", a quello che abbiamo intrapreso con il Comune contro l’alcol e il bullismo e a quello in cantiere con l’Asl per il recupero di minori carcerati attraverso la palla ovale. Ci teniamo molto e a tal proposito voglio sottolineare una cosa: spesso accostiamo il rugby al consumo di birra, ma via assicuro che i minorenni a Giubiano non toccano un goccio d’alcol. E quelli più grandi sono sempre tenuti sotto controllo».

Le felpe con il vostro marchio e la festa organizzata a giugno vi hanno fatto conoscere anche al di fuori del giro degli appassionati di rugby. Ci sbagliamo?
«No, anzi. Credo che ormai la nostra società sia coinvolta a pieno titolo nel tessuto delle città e una dimostrazione è arrivata l’anno scorso in occasione della finale promozione, caduta proprio nel mezzo della festa. La gente ci conosce, sa che l’appassionato di rugby non è più una mosca bianca ma può essere il compagno di banco, il collega, l’amico che si trova al bar. Ci siamo radicati e le felpe "101% Rugby Varese" sono un bell’esempio in tal senso: in città sono ormai oggetti di culto. Quest’anno poi metteremo sulle maglie lo stemma del Comune, un passo ulteriore che ci rende orgogliosi e che simboleggia una volta di più la nostra voglia di rappresentare Varese».

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Pubblicato il 14 Ottobre 2009
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