Le sirene dei mezzi della Protezione Civile salutano Pino Sporchia

Funerale in grande stile, con gonfaloni, autorità e dozzine e dozzine di volontari da mezza Lombardia per il responsabile della ProCiv assassinato

Un funerale diverso dal solito per un uomo che raccoglie in morte quanto aveva seminato da vivo. In comune con ogni altra cerimonia consimile la commozione e il dolore, ma è raro e prezioso quanto visto oggi a Turbigo per l’estremo saluto a Giuseppe Sporchia (foto), il coordinatore di Protezione Civile assassinato in casa da un parente acquisito domenica sera a Borsano di Busto Arsizio, dove viveva da qualche tempo. Un’intera comunità, che va ben al di là dei modesti confini comunali turbighesi, cementata nel lutto. Centinaia e centinaia di persone a seguire il corteo partito dalla sede della Protezione Civile, di cui Sporchia era fondatore, e a riempire la chiesa dell’Assunta, accanto al castello, su sulla collina a dominio della valle del Ticino. Sotto, la cittadina quieta e silenziosa, la vista sulle torri della centrale elettrica che di Turbigo è da decenni il simbolo visibile. Un serpente umano impressionante, preceduto da dozzine di gonfaloni di ogni tipo di associazione turbighese e non solo e da decine e decine di divise coloratissime della Protezione Civile, si è snodato per le vie fino a salire, in un silenzio impressionante, alla chiesa.

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«Lasciamo parlare le immagini» dirà il parroco don Giampiero. «Siamo qui ad un incontro, alla consegna del nostro fratello Pino a Gesù, che ha dato l’esempio supremo di sacrificio per gli altri» Un avvenimento «assurdo, incomprensibile» il delitto di Borsano, che può essere sopportato solo nella luce della speranza cristiana e che interpella tutta la società, ha detto il parroco. Il rimorso è collettivo: «ci sentiamo un po’ tutti colpevoli di come abbiamo eliminato l’educazione, di come abbiamo assolutizzato il concetto che ognuno fa ciò che vuole, di come abbiamo lasciato i ragazzi per la loro strada. Chiesa, scuola, famiglie devono sentirsi chiamate in causa, recuperare il concetto che amare è sacrificarsi, come ci ha insegnato Cristo». Risuonavano ogni tanto gli “attenti” e i “riposo” che facevano scattare, quasi fossero militari, i volontari della ProCiv, che hanno tenuto una guardia d’onore intorno alla bara coperta di fiori e recante il casco rosso di Giuseppe.

Commoventi i saluti di parenti, amici e istituzioni locali (erano presenti ben quattro sindaci, oltre alla presidente del Parco Ticino Bertani e all’assessore regionale Stefano Maullu). «Non piangete, non sono andato via, ho solo cambiato stanza» recita il testo inviato “a nome” del padre dal figlio Daniele, colpito da un destino di una tragicità assoluta, con il padre ucciso, la madre ferita gravemente e ancora grave in ospedale, una moglie estraniata e il figlio di lei entrambi finiti in carcere. «Non sono lontano, sono dietro l’angolo: sorridete, perchè il vostro sorriso è la mia gioia».
«Caro Pino, sei stato un amico, un padre, fin un nonno premuroso per i più giovani tra noi» il saluto dei volontari venuti da ogni angolo del Parco Ticino, da Sesto Calende a Vigevano: molti con le lacrime agli occhi. «Grazie a te un piccolo gruppo è diventato grande, ha portato per l’Italia il nome di questa piccola cittadina del Milanese».
Anche il sindaco Laura Mira Bonomi, con voce rotta dall’emozione, ha voluto ricordare lo scomparso: «Eri un grande capo per la nostra Protezione Civile. Buono, generoso, hai servito al meglio le istituzioni che oggi, qui, si inchinano di fronte a te che eri così umile e d’esempio a tutti».

All’uscita dalla chiesa, con il corridoio che conduceva all’altare ricolmo di divise della Protezione Civile, hanno suonato in coro tutte le sirene dei mezzi, incluso quello che ha poi accompagnato Pino, con l’inseparabile caschetto rosso, ancora una volta per le vie del paese e fino al cimitero di Cuggiono, dove riposerà.

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Pubblicato il 03 Ottobre 2009
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