Soriga, il tamburino sardo che conquistò Varese

"L’amore a Londra e in altri luoghi” (Bompiani) ha convinto ben 84 giurati, su 186 voti totali, contro i 56 di Giorgio Faletti e i 48 dell’esordiente Gaia Manzini

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Il tamburino sardo, Flavio Soriga, ha dato una lezione al capitano piemontese, Giorgio Faletti. Non c’è stata storia: “L’amore a Londra e in altri luoghi” (Bompiani)  ha convinto ben 84 giurati, su 186 voti totali, contro i 56 di   Giorgio Faletti  e i 48 dell’esordiente Gaia Manzini.  «Un mese fa , in un altro premio, sono arrivato ultimo su cinque finalisti – racconta lo scrittore -. Un mio amico sapendo che ero in finale con Faletti mi ha detto: "Ciccio se vinci oggi sei come il Cagliari dello scudetto"».
La ventunesima edizione del Premio Chiara sarà, dunque, ricordata come una vittoria della giuria popolare che non si è fatta intimidire dal grande nome spaccaclassifiche (Faletti).  (foto: Flavio Soriga e Claudia Donadoni)
Soriga, oltre che un bravo scrittore, si è rivelato un vero mattatore. Battuta sempre pronta e osservazioni argute. Il tutto condito da una sana punta di narcisismo.  Appena è stato proclamato vincitore i lettori si sono accalcati sul palco per fargli autografare il libro e lui senza battere ciglio ha firmato anche i libri degli altri finalisti, che per errore gli venivano messi a portata di penna. 
Soriga è nato a Uta in provincia di Cagliari, ha 34 anni e si mantiene (visto che scrivere non basta) grazie a una fondazione americana  che, con spirito di mecenatismo, «sponsorizza» giovani scrittori di talento. Ha ammesso che non credeva molto in questo libro e per questo gli ha chiesto scusa (al libro) ufficialmente durante il premio.
Comunque, lui il via libera per pubblicarlo non lo ha chiesto alla casa editrice Bompiani, ma a sua zia Loretta. «Quando finisco i miei libri, li mando alla zia che è conservatrice, cattolica e non è una lettrice forte. Se piace a lei, tutto il resto è guadagnato».
Si ritiene figlio del mondo e il suo essere sardo non è essenziale e determinante nella scelta di scrivere. Non ha dimenticato però la sua terra e le sue origini che ha ricordato sempre con leggerezza. «In questi giorni  mi hanno portato a Lugano a presentare il libro. Penso che sia stata la prima volta che un sardo andava in Svizzera a ritirare un premio e non a lavorare. Oltre ad essere uno scrittore sardo sono un talassemico».
Soriga è un’anima felice, si vede. Ha capito che la gente ha bisogno di leggera profondità. Sorridere al mondo è un esercizio che molti non fanno più da tempo e lui, in un pomeriggio di ottobre, ha reso la Sala Napoleonica delle Ville Ponti il luogo dei sogni probabili.
Adesso lo aspettano i festeggiamenti. «Non andrei mai al Billionaire di Briatore. Anzi, se andate in Sardegna venite a trovarmi  al “Caribe” è molto più trendy. E’ un locale di  Torre del Pozzo che per il momento è frequentato solo da due persone, da me e dal mio amico Diego Zucca».

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Pubblicato il 25 Ottobre 2009
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