Troppa ignoranza: si raccolgono firme per l’apprendimento permanente
È partita la sottoscrizione della legge di iniziativa popolare che mira a ridurre la dealfabetizzazione e la distanza tra preparazione personale e progresso scientifico e tecnologico
Più formazione, vuol dire più cultura. Più cultura vuol dire più ricchezza. Più ricchezza vuol dire una qualità della vita migliore.
Non fa una grinza il ragionamento logico che sta alla base dell’iniziativa di legge popolare per il diritto all’apprendimento permanente. Si tratta della richiesta per rendere stabile, omogenea e razionale l’esperienza che oggi viene vissuta in modo parcellizzato su ogni territorio. L’obiettivo è quello di elevare dal 6,2% al 12,5% il numero di adulti che partecipa ad attività formative.
Da un’indagine dello Statistic Canada, nei paesi sviluppati esistono sacche più o meno cospicue di dealfabetizzazione: si tratta di una regressione culturale che si subisce quando si esce dal mondo della scuola. In base ai dati, nel corso della propria vita, ognuno perde in capacità cognitive almeno cinque anni rispetto al proprio livello di scolarizzazione ( un laureato si ritrova con conoscenze di livello liceale, un diplomato con quelle di terza media, ecc).
Primi firmatari della legge sono Gugliemo Epifani e Tullio De Mauro. Porprio da quest’ultimo è arrivata l’analisi preoccupante sul livello di alfabetizzazione della popolazione italiana: al di là dei numeri statistici relativi ai livelli di scolarità della popolazione italiana, quello che colpisce è che solo il 20% degli adulti ha le capacità alfabetiche e numeriche minime indispensabili per orientarsi nella vita di una società contemporanea.
Complici, sicuramente, i continui progressi che si registrano in tutti i campi: allungandosi la vita media delle persone, si allungano i tempi tra la conclusione del percorso scolastico e la vita quotidiana, comportando un scollamento sempre più importante tra le proprie competenze e quelle richieste dal progresso.
Mantenersi aggiornati, dunque, è l’unica risposta per non perdere il contatto con la società in cui si vive. La legge sull’apprendimento permanente ha lo scopo di normare le diverse esperienze vissute: dalla riqualificazione di lavoratori esplusi, all’aggiornamento, sino all’approfondimento di nuove tematiche come l’informatica o le scienze. La legge, che considera vari aspetti da quello economico a quello qualitativo alla certificazione, prevede, per esempio, 30 ore di permessi all’anno retribuiti per motivi di formazione piuttosto che un anno non retribuito, oppure promuove la creazione di reti tra formatori chiamati a fornire un’offerta capillare.
«È una legge che vuole anche contrastare l’attacco che sta subendo oggi la cultura in Italia – ha commentato Giuseppe Musolino dell’Arci, uno dei firmatari – L’ignoranza è sicuramente comoda per chi governa, ma va combattuta».
In provincia di Varese, la legge ha già ottenuto il sostengo di numerose firme del campo dell’educazione, del giornalismo, della cultura (Uniauser, Arci) e del sindacato ( presente la Cgil, Spi-Cgil e Flc-Cgil). Presto, la raccolta di firme arriverà nelle strade dove si vuole creare anche un movimento che renda reale la voglia di continuare il proprio cammino formativo e il confronto costruttivo attraverso incontri, seminari, dibattiti nel cuore della città e aperto alla sua cittadinanza.
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