“Mai arrivare da soli alla decisione di staccare la spina”
Il convegno sul testamento biologico tenutosi ai Molini Marzoli ha affrontato un tema controverso. Scienza, religione e filosofia chidono ai politici una legge che sappia tenere insieme volontà del malato, doveri dei medici e senso comune
Il testamento biologico, una delle questioni più controverse del panorama legislativo italiano, è stato il tema della serata organizzata dall’associazione "La Chiave di Volta" ai Molini Marzoli di Busto Arsizio. Politica, medicina e religione si sono confrontati per definire le linee guida di un testo di legge che possa regolare in maniera chiara le scelte di ogni libero cittadino nel momento in cui le facoltà fisiche lo abbandonano.
La tavola rotonda, aperta dal sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli, ha visto il professor Mario Tavani dell’università dell’Insubria definire certezze e incertezze del tema: «A partire dalla parola testamento dobbiamo far partire una riflessione – ha detto – è un termine improprio dato che serve a definire le disposizine del singolo individuo dopo la morte. Chiamerei queste dispozioni volontà anticipate, e una delle cose più difficili da definire sono proprio le disposizioni sul proprio corpo prima della morte». L’intervento del professor Tavani si è poi soffermato sul problema dei doveri del medico con le richieste del paziente. Se da un lato è difficile imporre ad un medico come prestazioni sanitarie quella di togliere il tubo che tiene il paziente in vita, allo stesso modo non è un buon medico colui che somministra una cura inutile. Secondo Tavani una dichiarazione non può fermare un medico e i progressi della scienza medica continuano a cambiare il panorama delle cure: «In conclusione – dice ancora Tavani – ciò che è giusto adesso può non esserlo domani e la dichiarazione anticipata potrà essere uno strumento utile ma non vincolante».
Il punto di vista religioso è stato esplicitato da don Luca Violoni, membro del comitato etico dell’Azienda Ospedaliera di Varese: «Kant diceva : mai utilizzare le persone come mezzi ma sempre come fini – esordiva il religioso – Il punto è: posso chiedere tutto nella dichiarazione? La legge dovrebbe porre dei limiti. Il secondo problema è l’astrattezza: come posso io sapere in quale situazione mi ritroverò nel caso in cui si verificasse una delle mie disposizioni? Il testamento si dovrebbe poter aggiornare. Il terzo problema riguarda l’imperatività delle parole: come e quanto un medico può influire su questo? In gioco c’è una concezione di libertà che non riguarda solo la persona singola ma quella persona in relazione con gli altri». Insomma la scelta non dovrebbe essere univoca e vincolante ma, nel momento della decisione, dovrebbero essere più soggetti a decidere insieme al malato.
Prima degli interventi politici è toccato a Paolo Del Debbio, docente, opinionista e volto noto della tv, esporre il suo punto di vista: «La gente è confusa sul tema, 25 milioni di italiani non sono informati o sono informati male sul testamento biologico – ha detto Del Debbio – nel caso si arrivasse a votare una legge andrebbe spiegata molto bene. Mi sono posto questa domanda: cosa scriverei io nel mio testamento biologico? Ho provato a darmi una risposta attraverso il catechismo della chiesa cattolica, che pone un limite all’accanimento terapeutico definendo il momento in cui la somministrazione di acqua e cibo non serve più allo scopo per cui viene somministrata». Del Debbio crede che chi dovrà applicare la legge dovrà senza dubbio affidarsi al senso comune e alla ragionevolezza. «Va da sè, quindi, che la decisione dovrà essere in qualche modo socializzata».
A seguire si sono susseguiti gli interventi dei senatori Fabio Rizzi della Lega Nord, Antonio Tomassini del Pdl e Daniele Bosone: sfumature politiche differenti ai diversi ragionamenti che i "non politici" già avevano messo in evidenza.
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