I varesini bloccati al Cairo scrivono a Napolitano e Frattini
La delegazione di volontari che vorrebbe partecipare alla Gaza Freedom March ancora bloccata nella capitale egiziana. Rifiutata la proposta di far passare solo una delegazione di 100 persone
Veglione al Cairo. Se per molti può essere un’occasione di svago per festeggiare l’arrivo del nuovo
anno, per i volontari che il 31 dicembre avrebbero voluto partecipare alla Gaza Freedom March si prospetta una sosta forzata. Le autorità egiziane hanno negato ai 1300 delegati da tutto il mondo di procedere verso il valico di Rafah, unica via d’accesso per la Striscia di Gaza. Il Comitato Coordinatore della Marcia con un comunicato ufficiale ha rifiutato la proposta egiziana di far passare solo un centinaio di delegati. I volontari, tra i quali c’è anche un nutrito gruppo di italiani, dodici dei quali varesini, avrebbero dovuto passare il confine lo scorso 27 dicembre per unirsi a circa 50 mila palestinesi residenti e marciare verso il valico di Erez in Israele per chiedere pacificamente la fine dell’assedio che dura da oltre quattro anni. Da tre giorni però nessuno si può muovere dalla capitale egiziana, ci sono stati tafferugli, ad alcuni viene impedito di spostarsi per la città in taxi e ci sono lunghe file per potersi recare in bagno. La polizia vigila in assetto antisommossa e la possibilità di una mediazione delle ambasciate straniere al Cairo si fa sempre più remota.

Per tentare di muovere le acque il consigliere comunale di Varese Flavio Ibba ha deciso di
scrivere al Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano e al Ministro degli Esteri Franco Frattini: «Mi dispiace recarvi disturbo in questi giorni di festa, ma è mio dovere morale rivolgermi alle più alte cariche dello Stato italiano per chiedere aiuto per uscire dalla drammatica situazione in cui io e la delegazione italiana ci siamo venuti a trovare nostro malgrado – scrive Ibba -. Vi chiedo di impegnarvi fermamente per adottare ogni misura necessaria al fine di rispettare e garantire il diritto alla libera circolazione sul territorio egiziano dei 1400 internazionali presenti a Il Cairo (di cui 140 della delegazione italiana) per raggiungere il confine di Rafah, entrare nella Striscia di Gaza e partecipare alla Gaza Freedom March così come concordato con la nostra ambasciata italiana in Egitto. Non era nelle intenzioni della Gaza Freedom March interferire con l’attività politica e governativa del governo egiziano, come dimostrano i comportamenti e le caratteristiche degli internazionali presenti qui a Il Cairo. Il mio obiettivo come componente della delegazione internazionale, non era e non sarà quello di portare meramente aiuti umanitari ma di interrompere l’assedio cui sono sottoposti da 4 anni il milione e mezzo di abitanti all’interno della Striscia di Gaza e di condividerne la sofferenza e il dolore per l’uccisione di più di millequattrocento palestinesi (tra cui quattrocento bambini), avvenuta durante l’offensiva “Piombo Fuso” dello scorso anno, di cui in questi giorni ricorre l’anniversario.

Mi appello al vostro senso di umanità e spirito cristiano, affinché ogni sforzo sia fatto per ottenere quanto da me richiesto. Qualora le mie richieste non venissero considerate e accolte, sarà mio diritto esercitare ogni tipo di pressione sul governo egiziano e partecipare ed offrire supporto ad ogni manifestazione di condanna in questo paese, che attualmente mi nega il diritto di circolare liberamente impedendomi così di partecipare alla Gaza Freedom March che si svolgerà all’interno della striscia di Gaza».
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