La censura su Internet: difficile e contronatura

Le proposte di controllo dei contenuti sul web si scontrano con difficoltà tecnologiche e con la protezione della privacy, oltre ai diritti giuridici

censura internetL’idea di filtrare i contenuti del web, limitando l’accesso ad alcuni siti, non è cosa nuova. Non è nemmeno necessario citare casi estremi come la Cina o l’Iran, anche democrazie consolidate hanno praticato (o vorrebbero praticare) alcune forme di filtraggio dei contenuti.

L’ultima proposta, in ordine di tempo, è arrivata proprio lunedì dall’Australia: il governo starebbe pianificando la creazione di un filtro nazionale, che entrerà in vigore nel 2011, per bloccare l’accesso ad alcuni siti illegali. Più che contenuti politici o violenti, il governo spera di limitare l’accesso a siti dedicati alla pornografia minorile, ma anche a siti dediti alla pirateria.

In realtà, oltre ad essere eticamente complessa (limitando la libertà di espressione), la censura su Internet è anche tecnologicamente impegnativa. Solo due anni fa il primo filtro creato dal governo australiano era miseramente crollato.

La stessa natura di Internet rende difficile il filtraggio: se un contenuto non è raggiungibile per una via, la rete proverà a fornirlo da vie traverse. Anche la diffusione dei social network, che porta alla condivisione di contenuti tra utenti che vivono in paesi (e legislazioni) differenti, rende tecnicamente complessa la creazione di muri virtuali. Non a caso le dittature mondiali hanno dovuto stringere accordi con giganti del web, come Google o Microsoft, per bloccare l’accesso ai contenuti. Molti utenti italiani, inoltre, sanno in prima persona quanto sia facile aggirare le limitazioni regionali, ad esempio per vedere film su siti che possiedono i diritti d’autore solo per uno stato. I cellulari rendono ancor tutto più complicato: non a caso le immagini dei recenti scontri in Iran sono arrivate comunque, grazie a reti mobili e telefonini di nuova generazione.

Considerando, quindi, la battaglia tecnologica come una battaglia difficile (se non persa in partenza) l’idea diffusa è che debba essere la sensibilità, e l’educazione, a regolare la vita sulla rete. Non a caso oggi Repubblica ospita un’opinione interessante di Dan Gillmor, blogger e scrittore. "Sono sempre molto scettico quando sento di un Governo che cerca di limitare in qualsiasi modo la libertà di espressione", dice Gillmor, "Vivo in un paese in cui persone sono morte per permettere ad altri di esprimere pareri opposti al loro".

L’opinione di Gillmor è in linea con quella di molti blogger italiani e non. Il rischio è che la censura possa portare solo ad una recrudescenza, in difesa della libertà di espressione. Un commento interessante è quello di Beppe Severgnini, secondo cui "Per il Web altre regole non sono necessarie". Gli stessi gestori di Facebook, sito che ospita gran parte dei contenuti incriminati nel caso Berlusconi, hanno risposto con una dichiarazione ufficiale: "Il fatto che alcuni tipi di commenti e contenuti possano infastidire – per esempio critiche alle politiche del governo e alle ideologie politiche – non è una ragione sufficiente per rimuovere una discussione. Questi dibattiti online non sono altro che un riflesso di quello che avviene offline, dove le conversazioni hanno luogo liberamente nelle case delle persone, via email o al telefono".

Anche Google, sospettata di aver rimosso le immagini del premier ferito dai risultati, ha risposto con durezza a chi applaudiva la censura: «È solo un disguido tecnico (…) Google dà una grande importanza all’imparzialità dei propri risultati di ricerca. Non censuriamo nè rimuoviamo immagini». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Dicembre 2009
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