“I discorsi economici non si fanno con la media del pollo”
Il presidente di CNA Varese Franco Orsi interviene nel dibattito sugli studi di settore, commentando gli ultimi dati del ministero dell'Economia sui redditi dell'anno2007. E fa i numeri varesini
I numeri forniti dal Ministero dell’Economia si prestano ad una lettura distorta della realtà effettiva delle piccole imprese. Se si vuole discutere seriamente e senza pregiudizi di redditi e di fisco è bene sapere che in Italia oltre 2 milioni di imprese dichiarano un reddito medio annuo vicino ai 50 mila euro. Si va dai 23 mila dei servizi alla persona agli oltre 90 mila di alcuni comparti del manifatturiero, passando dai 32.000 Euro della Calabria agli oltre 57.000 della Lombardia.
Sono risultati che restituiscono l’immagine di un paese ricco di piccole e di micro imprese e di grandi e ben conosciute differenze settoriali e territoriali.
E il confronto con gli anni precedenti conferma dinamiche di crescita coerenti con l’andamento economico complessivo.
La vera novità – ed è bene se se prenda atto e si ragioni nella logica che per il 2008 i dati saranno anche peggiori – è che il tessuto economico è composto anche da 600 mila imprese che non riescono a garantire la congruità con gli studi di settore e da oltre 900 mila soggetti che non raggiungono i 30 mila euro di fatturato annuo. Sono vere situazioni di fragilità, precarietà e marginalità economica, uniformemente distribuite in tutte le aree del Paese.
Ne consegue che sbattere in prima pagina il mostro della media del pollo può essere appagante per un’opinione pubblica alla perenne ricerca di facili colpevoli, ma non serve a capire e non aiuta, mentre sarebbe utile e interessante indagare sulle cause reali che portano un numero tanto elevato di soggetti al danno del precariato economico ed alla beffa della gogna mediatica.
Peraltro, dalle nostre rilevazioni per l’esercizio 2008, su un campione di quasi 600 imprese operanti in Provincia di Varese soggette agli studi, è possibile rilevare una congruità vicina al 60% dei contribuenti (il che significa che il 40% di essi non è congruo agli studi di settore, cioè dichiara un reddito inferiore alla valutazione degli studi, ndr) e che un ulteriore 23% si è adeguato in sede di dichiarazione. Rimane uno scarso 20% di micro imprese non allineate, ed è un dato dello stesso ordine di grandezza di coloro che non riescono a pagare i propri contributi IVS.
In larga misura, quindi, non contribuenti che evadono ma soggetti che proprio non ce la fanno.
Infine, è importante ricordare come la recente sentenza della Cassazione abbia “ridimensionato” la rilevanza da attribuire ai risultati degli studi di settore in sede di contenzioso.
E’ bene tenerne conto prima di attribuire valore scientifico a uno strumento che tale non si è dimostrato e del quale come Associazione di Varese abbiamo ripetutamente richiesto una moratoria per gli anni della crisi.
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