Tettamanzi ai politici: “Siate responsabili di tutti”
Alla serata d’incontro con gli amministratori locali l’arcivescovo accolto da una folta platea leghista. “Non trasformiamo le nostre città in deserti-dormitorio”
Di vocazione ne ha da vendere e in questo frangente addirittura l’ha regalata, sotto forma di consigli. Lui è il caridinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo della diocesi di Milano, che parla di integrazione e raccoglie fondi per le famiglie indigenti. Loro, i destinatari della saggezza, sono gli amministratori locali, leghisti compresi, di tre delle quattro province a cui si rivolge in questi giorni: Como, Varese, Lecco. Sono questi i tre territori, oltre alla “sua” Milano, che per grandezza non fa testo, ad essere al centro dell’incontro che periodicamente Tettamanzi fa per un contatto diretto con chi rappresenta e amministra.
La sala al De Filippi di Varese è stracolma già alle 21, e con qualche minuto di ritardo il cardinale fa il suo ingresso. Aria distesa, non come l’anno scorso, quando i militanti del Carroccio lo accolsero con striscioni di protesta e fiaccole per via delle posizioni troppo morbide verso l’Islam.
In prima fila c’è il gotha del Carroccio, da Fontana a Galli, dai sindaci dei centri minori al segretario provinciale Candiani. Una presenza che segna il momento forse di distensione, o forse di mera preparazione per le vicine regionali.
Proprio della vocazione parla l’arcivescovo nel suo intervento, preceduto da qualche domanda a spot sul suo rapporto con la Lega, cui risponde con diplomazia: “Normale dialettica, i cristiani sanno che possono esserci dissensi, seguano la dottrina sociale della chiesa per decidere e amministrare”. Ma il vero punto attorno a cui gira il discorso di Tettamanzi sta nel rapporto fra la responsabilità del governale e le scelte da prendere. Come devono comportarsi gli amministratori? “Tutti siano responsabili di tutti”, esordisce, e fa di questa frase il leit motiv della serata. Una frase rivolta a scongiurare un rischio: se non ci si occupa in maniera diretta di ciò che è la propria città, il quartiere dove si vive, la strada dietro l’angolo, si rischia di trasformare i paesi, anche quelli piccoli, in dormitori. “Il coinvolgimento di tutti per la vita del territorio è assolutamente necessario. Le nostre città – ha detto nel suo discorso l’arcivescovo – e i nostri paesi corrono il rischio di una specie di desertificazione. E’ in atto una forma di invecchiamento, che non è solo inerente all’innalzamento dell’età media della popolazione. Riguarda piuttosto l’assenza delle nostre comunità dei giovani, sempre più attratti dalla metropoli e dai grandi centri urbani”.
Poi la questione della vocazione, come si diceva, dispensa preziosa per chi veste la fascia tricolore e viatico per chi si affaccia in consiglio comunale per la prima volta. “Chiamare l’impegno politico ‘vocazione’ – afferma il cardinale – significa riconoscere che esso è in grado di contribuire alla piena realizzazione della propria vita. Diciamolo francamente: se non è per una particolare vocazione e per il desiderio gratuito di ‘servire’, per cos’altro un cristiano si mette a disposizione degli altri in questo ambito? Per interesse? Per calcolo? Per prestigio? Per sete di potere?”.
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