La lezione di don Mazzolari: il tempo delle scelte è qui e ora

La figura del sacerdote mantovano, anticipatore dei temi del Concilio Vaticano II, esaminata in un incontro con l'autore dello sceneggiato Rai "L'uomo dell'argine", Gilberto Squizzato

Una serata, nelle premesse, per pochi intimi,e invece popolata da alcune decine di persone, cattolici e laici, quella dedicata alla figura di don Primo Mazzolari. Non esattamente un enfant du pays da queste parti, visto che il sacerdote era un figlio della Bassa mantovana e cremonese. Chi invece è di queste parti e ha saputo raccontarlo in uno sceneggiato Rai è il regista bustocco Gilberto Squizzato (foto), che con lo storico Guido Formigoni e il "padrone di casa" monsignor Franco Agnesi (si era presso l’oratorio di San Luigi) ha ripercorso vita e opere di questo pilastro del cattolicesimo italiano del Novecento. Più che un pilastro, un argine: "l’uomo dell’argine" era il titolo dello sceneggiato di Squizzato, e Mazzolari nei suoi scritti parlava dell’argine come di quello che fa il lavoro più umile, meno visibile, e più faticoso: star fermo e non lasciarsi smuovere dal tumulto delle acque. Come lui non si fece smuovere dalle sue scelte dalle minacce del fascismo, nè dall’ostilità del Vaticano, che lo sanzionò e alla fine solo con Giovanni XXIII lo seppe riconoscere come "la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana". L’evolvere del suo pensiero viene delineato da Formigoni: dal condizionamento patriottardo della gioventù a una presa di coscienza sempre più netta in chiave pacifista, fino a contestare la stessa guerra difensiva in nome dei valori evangelici: senza per questo essere mai passivi di fronte al male.

L’opera cinematografica di Squizzato è aspra e scabra, verista e asciutta, una denuncia dura e senza mezzi termini delle iniquità sociali che piagavano quella che oggi è una terra tranquilla e ricca lungo il Po: la vera Padania di un tempo, cruda realtà senza miti. Nell’ora di filmato mostrata prima del dibattito, gli anni Venti sono segnati da miseria, ingiustizie padronali e violenze dei fascisti cui i possidenti si rivolgevano. A Cremona il ras era un certo Farinacci, fra i più fanatici: finirà ammazzato vent’anni dopo, nei giorni della Liberazione, raggiunto dalla vendetta partigiana.
Lo sceneggiato, da cui è stato tratto un DVD, non ebbe vita facile: uscì per la Rai nel 2004, e già allora non si volle trasmetterlo il 25 aprile come programmato. Andò in onda in coincidenza con una semifinale degli Europei di calcio, e fece lo stesso tre milioni di audience. Il problema che Squizzato si pose nel realizzarlo fu: come tradurre in sole quattro ore un pensiero e una produzione sterminati, fra appunti, diari, romanzi, scritti vari, articoli su riviste, conservati in un immane fondo di biblioteca a Bozzolo? Il regista si è così concentrato su un filo conduttore comune all’opera del sacerdote: il tema delle scelte, la teologia del Kairòs, del qui e ora, di ogni momento come unico e irripetibile. E su una citazione impeccabile. «Non una delle parole che esce dalla bocca di Mazzolari nel film è mia» dice il regista. «Sono tutte, senza eccezione, tolte dai suoi scritti».

Don Mazzolari «non era un santo e non lo diventerà, santificarlo sarebbe fargli un torto» provoca Squizzato: chissà perchè, accade sempre così ai preti "scomodi". Era una voce profetica che dal suo angolo di campagna tuonò via via sempre più forte contro la violenza, il sopruso, l’inquità e la guerra. Guerra che aveva ben conosciuto da cappellano sul fronte francese nel 1918, e poi da seppellitore dei dispersi a conflitto finito. Guerra che gli portò via il fratello. Un prete "politico"? Sì, in quanto antifascista della prima ora, denunciato, sopravvissuto ad un attentato nel 1931 e nascostosi per canoniche nei mesi più "caldi" della Resistenza, quando i "suoi" ragazzi lottavano e ponevano in politica le fondamenta della Democrazia Cristiana. Un partito sulla cui denominazione lui ebbe un influsso decisivo: insistette per l’uso della parola "democrazia", che a più alte sfere pareva scomodo. La lezione di don Mazzolari è che bisogna pronunciarsi, dire sì o dire no; ciò potrà essere del tutto inutile di fronte a tempi e circostanze avversi, ma conta solo ciò che detta la retta coscienza. Qui e ora, "Adesso" come titolava una rivista da lui fondata nel dopoguerra, non domani, e meno che mai ieri.

A commento conclusivo, la citazione opportuna del monsignore è nella preghiera che recita «Dona sempre al tuo popolo, o Signore, pastori che inquietino la falsa pace della coscienza».

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Pubblicato il 12 Febbraio 2010
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