Un “caseificio federale” per salvare il latte Varese

Analisi e proposte per fronteggiare la crisi di un settore importante dell'agricoltura del nostro territorio. Un convegno in provincia per cercare risposte e valorizzare il ruolo della cooperativa

"Ho settantacinque anni e un’azienda discreta e moderna con 170 capi. Non guadagno
niente, ma tiro avanti grazie alla pensione di cinquecento euro. Secondo voi è meglio che faccio un altro mutuo o lascio stare visto che non pago nemmeno i miei figli che lavorano?"
Buona parte del convegno di sabato mattina dal titolo "Latte a Varese: dalla crisi allo sviluppo" si potrebbe riassume nell’ultimo intervento del signor Valmadri. Un imprenditore agricolo che vive una passione assoluta per la terra e i suoi frutti.
Il settore vive una crisi difficile e non solo per quella generale che attanaglia l’economia mondiale da oltre un anno e mezzo. Le ragioni sono tante, ma quella che certamente mette più in difficoltà gli allevatori sono i prezzi agricoli e in primo luogo quello del latte. Oggi viene pagato in stalla 0,331 euro al litro e non copre nemmeno i costi.
Dopo tre interventi tecnici ha preso la parola Fabio Binelli. Il presidente della cooperativa Prealpina latte ha tracciato alcune proposte per lo sviluppo. "Potremmo avviare un "caseificio federale" che sia il riferimento di tante micro realtà. Oltre a questo potremmo lavorare ad altre attività imprenditoriali legate all’agricoltura tra cui anche una centrale a biomasse come esempio concreto di uno sviluppo verso la green economy".
Diversi gli interventi del pubblico, comunque di addetti ai lavori o imprenditori stessi. Per Gervasini "gli imprenditori agricoli sono degli eroi, ma se non si fa una politica agricola a livello nazionale è difficile affrontare la crisi".
Giubilini ha rivelato come "nel nostro paese manchi un strategia che rilevi i problemi che sono strutturali e culturali. Venticinque anni fa dicevamo che non si dovevano portare via i terreni alle aziende agricole. La cosa è peggiorata. Negli anni ottanta il 60% del prezzo del latte andava agli allevatori ora è 26%. Questo anche perché non si è affrontato il problema delle dimensioni delle centrali casearie".
Per Invernizzi "in attesa di una politica diversa dobbiamo valorizzare al meglio le nostre professionalità. La centrale potrebbe riconsegnare i prodotti finiti alle aziende. Potremmo fare ricerca sperimentale
legata al nostro settore. Il presidio del territorio non può essere una riserva indiana né un parco ma dobbiamo proseguire con il progetto "vivi l’azienda" per fare promozione e cultura per una diversa attenzione all’alimentazione".
Fiori, presidente di Coldiretti sostiene che "di fronte a una crisi generalizzata occorrono interventi a sostegno del nostro settore. Dobbiamo accorciare la filiera dei nostri prodotti e renderli identificabili. Le vendite dirette non sono la soluzione ma sono comunque utili. Dobbiamo rendere più forte la prealpina latte ma senza snaturarne il proprio ruolo".
Bonacina chiede invece che si "guardi all’esperienza dei contadini del tessile che lavorano per far conoscere il prodotto varesino come un marchio. Dobbiamo ottenere il consenso dei consumatori con un progetto nostro".
Una nota in parta polemica è arrivata da Brumana. "Sono l’ultimo agricoltore che ha aperto un’attività agricola. Si spendono soldi per progetti che poi vengono abbandonati. Si continua ad aprire centri commercciali per niente. I politici ci aiutino e non parlino e basta".
Il professor Guido Sali è  "pessimista sulla questione del prezzo. Non penso che una diversa organizzazione dell’offerta possa incidere. O si fanno accordi internazionali o l’offerta resterà sotto scacco. La politica è poi fatta a livello comunitario ed è li che occorre attivarsi. Non è la nostra produzione a determinare il prezzo a nessun livello. Possiamo intervenire invece sulla domanda perché il consumatore è primitivo e non conosce.
Ha chiuso i lavori Bruno Specchiarelli mettendo in evidenza due questioni centrali: la difesa del territorio e l’esperienza della Prealpina latte. La prima cosa da fare è quella di attivarci per sviluppare una maggiore conoscenza da parte dei consumatori perché siano più sensibili ai nostri prodotti. Facciamo un lavoro anche con le scuole e i bambini. Senza aspettare che passi la crisi o che arrivino interventi politici
che ci portino a un prezzo più giusto dobbiamo attivarci per capire come e dove possiamo incidere. La provincia ritiene fondamentale mettere in campo risorse per aiutare le aziende agricole".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Febbraio 2010
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