Van de Sfroos incanta con il suo poetare

Lo show ha fatto tappa in un Apollonio stracolmo. Ospite d'onore Platinette. Tre ore di spettacolo divertente, profondo, ironico

Come un trovatore medievale Van de Sfroos incanta il suo pubblico con il "poetare". Uno show di tre ore filate. Un viaggio nel suo mondo, nella sua terra, con protagonista l’acqua, la cultura, la musica, la poesia.
Varese è la ventitreesima tappa di un tour nei teatri lombardi. Il pubblico ha risposto calorosamente con un classico tutto esaurito in una serata però speciale e Davide non si fa scappare l’occasione per scherzarci su. "Ma cosa siete venuti a fare qui? Stasera c’era la finale di Sanremo, il carnevale, l’Inter… Non so proprio come ringraziarvi. E allora non lo faccio".
Su un palcoscenico molto caldo, con i libri protagonisti in primo piano e con scaffali pieni di segni della terra e della storia di Van de Sfroos, ci sono quattro musicisti e l’attrice Stefania Pepe. Immagini di Totò, del lago, delle fabbriche aprono lo show e la domanda è "ma dove stavano le canzoni prima di diventar canzoni?"
E da lì inizia un lungo racconto che intreccia tanto della storia di un Van de Sfroos che per molti sarà quasi inedito. Davvero come un "trovatore" di altri tempi che attinge dai libri, ma soprattutto dalle storie semplici di altre culture per poi riportarle a casa propria esprimendole in un dialetto che da duro, chiuso dentro un territorio impervio, si mescola invece con la lingua del blues.
I fans delle ballate dovranno aspettare oltre un’ora prima di ascoltare la prima canzone. E la platea esplode cantando con lui La curiera dopo un prologo delizioso sulle ragioni per cui andare a scuola.
Van de Sfroos recita con maestria. È a proprio agio in uno show divertente ma anche profondo.
A Varese, dopo ospiti di grande livello in altri teatri, duetta con una Platinette irriverente come sempre. I due si trovano e ne viene fuori uno spettacolo nello spettacolo con battute e musica e un’esilarante New York New York in dialetto.
van de sfroosEd è sempre il dialetto ad avere una parte di protagonista nello show dove Van de Sfroos gioca spesso, come all’inizio, quando tira fuori il dizionario D’Angelo – de Sfroos per tradurre dal napoletano della Pepe al lagheé.
I ricordi d’infanzia diventano in diversi momenti l’occasione per far ridere, ma anche riflettere sulle condizioni di vita del suo popolo che da Lenno andava in viaggio di nozze a piedi a Como. E Van de Sfroos non risparmia battute nemmeno ai testi sacri ed è esilarante il passaggio sui Promessi sposi e Manzoni.
Insomma, complice anche un grande Andrea Chiodi, regista dello show, e quanti hanno lavorato a questo spettacolo, il menestrello comasco incanta in una veste davvero nuova.
Uno show che parla molto varesino perché la produzione è di Re.te (sviluppo residenze teatrali), associazione fondata proprio da Chiodi e dalla Consel di Varese.
Lo show prevede ancora sei tappe. La prossima il 27 a Lodi, poi il 4 marzo a Voghera, il 6 a Mandello del Lario, l’11 a Vighizzolo di Cantù, il 19 a Busto Arsizio e per chiudere il 29 allo Smeraldo di Milano.

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Van de Sfroos come un trovatore 4 di 13
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Pubblicato il 21 Febbraio 2010
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