Cure palliative e terapia del dolore: la legge c’è, LILT anche
La norma approvata di recente all'unanimità dalle Camere. La Lega Tumori ne sottolinea l'assoluta rilevanza, rivendicando di essersi mossa per tempo nella direzione indicata dalla legge. "Ora la gente non è più abbandonata a se stessa"
Da poco tempo è in vigore una nuova ed importante legge dello Stato, approvata all’unanimità dalle Camere: è quella che riguarda la terapia del dolore e le cure palliative (disegno di legge n. 1771, tradotto nella legge 38/2010). A sottolinearla e promuoverne la tempestiva applicazione, fatto culturale oltre che medico, è la Lega Tumori. Stamane, incontrando la stampa locale a Busto Arsizio, erano il presidente provinciale della Lilt Franco Mazzuchelli e il suo vice, il sestese Alessandro Guerroni, un famrcaista e un medico rispettivamente, a rimarcare l’importanza del provvedimento, che viene incontro all’operato di anni dell’associazione, impegnata ad allieviare la sofferenza, fisica e mentale, di chi è colpito da cancro e di quanti gli sono vicini. «È una legge storica, che rivoluziona e semplifica l’uso dei farmaci antifdolore. L’Italia era agli ultimi posti per l’uso della morfina, speriamo che almeno la legge riesca a fare breccia nella mentalità di certi medici e farmacisti, perchè già il soffrire è malattia a sè» commenta Mazzucchelli.
Per i malati vi sono due vie: l’assistenza domiciliare, cui Lilt si dedica coordinando il proprio servizio con il medico di famiglia – figura centrale anche nella legge da poco approvata – e l’ospedalizzazione domiciliare, lanciata dalla Regione, che tuttavia non può che essere territorialmente limitata a quelle città in cui sorgono i maggiori ospedali, e ha costi non indifferenti. In generale, l’ospedalizzazione costa, in corsia o meno. «L’anno scorso in Italia si sono contati 55.000 malati terminali morti in ospedale, per una spesa complessiva di 346 milioni di euro». Un dato economico che, con tutto il rispetto per gli sforzi di medici spesso competenti e di grande umanità, fa riflettere. «L’importante per noi della LILT è far sapere che in qualche modo abbiamo anticipato lo spirito della legge di qualche anno, nella nostra azione, e ora grazie a qusesto provvedimento la gente non è più abbandonata a se stessa».
La legge 38, molto dettagliata, mira a garantire a tutti le cure palliative necessarie (che non si limitano alla terapia del dolore ma includono ad esempio l’assistenza psicologica) senza oneri a carico e venendo incontro a quel senso di solitudine e abbandono a se stessi che le famiglie dei malati denunciano. Il medico di famiglia sarà il perno e il coordinatore dell’equipe di infermieri, psicologi, medici palliatori, fisioterapisti, assistenti, fino al sacerdote quando la sua presenza sia di conforto, che potrà intervenire in aiuto al sofferente e ai suoi cari. La legge prevede un percorso di formazione per tutte queste figure.
Fra gli obiettivi, uno dei più importanti è di consentire ai malati terminali una morte più dignitosa, nella propria casa invece che in una corsia d’ospedale.
Già in quattro regioni italiane si sperimenta il modello sopra citato: da anni anche in provincia di Varese grazie ad una collaborazione fra Asl e la LILT, è stato possibile seguire così oltre 600 pazienti e le rispettive famiglie. L’anno scorso, grazie ad un progetto regionale, è stato possibile nell’ambito di questo servizio, sperimentare un progetto di rete oncologica territoriale che costituisce un’eccellenza a livello nazionale.
"In controtendenza a tutto ciò" osserva però la LILT, la stessa Regione impegna grandi risorse in alcune aziende ospedaliere, fra cui Varese e Busto Arsizio, per l’ospedalizzazione a domicilio, servizio 24 ore su 24 che coinvolge il personale degli ospedali ma esclude il medico di famiglia.
In attesa che la situaizone evolva e si chiariscano le scelte, la LILT varesina "continuerà senza alcun contributo istituzionale ad assistere, a proprie spese, tutti i cittadini e i medici di famiglia che ne richiedessero l’aiuto, e lo farà senza alcun clamore o campagna di stampa, nel rispetto della dignità del paziente e della sua famiglia".
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