Disarmo nucleare, Russia e Stati Uniti ridurranno gli arsenali del 30%
Il trattato successore sarà firmato nella capitale ceca il prossimo 8 aprile: prevede un "tetto" di 1550 testate attive e 800 vettori a testa. Dovrà però essere ratificato dai rispettivi parlamenti prima di entrare in vigore
Un passo verso il disarmo nucleare: è quello annunciato venerdì dalla Casa Bianca e dal Cremlino. Il prossimo 8 aprile a Praga i presidenti statunitense e russo, Obama e Medvedev, firmeranno il trattato successore dello Start (Strategic Arms Reduction Treaty) andato in soffitta a fine 2009 e che prevede una riduzione delle testate nucleari "in servizio permanente effettivo", diciamo così, a 1550 a testa, più 800 vettori nucleari (missili da silos, da lanciatore mobile e da sottomarino, bombardieri strategici e tattici). Altre migliaia di armi, ognuna molto più potente di quelle di Hiroshima e Nagasaki, sono ancora stoccate dal Nevada alla Siberia in attesa di smantellamento e di un difficile smaltimento, che pone problemi di vasta portata, data la pericolosità intrinseca del materiale fissile. La riduzione prevista equivale al 30 per cento degli arsenali attivi. Fra l’altro si prevde che tutte le armi di tipo strategico offensivo risiedano esclusivamente sul territorio nazionale dei due Stati. Il trattato su questo punto è vincolante, ma Russia e Stati Uniti potranno denunciarlo nel caso in cui cambi il livello dei sistemi difensivi strategici. Una clausola, questa, evidentemente a tutela degli interessi russi, visto il progredire degli studi americani in questo settore, che resta uno dei punti delicati di dissenso tra i firmatari.
Nella negoziazione del trattato hanno avuto un ruolo importante i segretari di Stato Hillary Rodham Clinton e della difesa Robert Gates, e il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov. L’accordo, della durata di dieci anni, è un compromesso che mira a disinnescare ulteriormente una miccia nucleare rimasta sempre accesa, anche a Guerra Fredda messa in soffitta: sicurezza globale e non proliferazione (con un occhio attento alle ambizioni atomiche di Corea del Nord e Iran) vengono riaffermate come principi chiave. Sull’intesa e sulla sua realizzazione concreta vigilerà una commissione bilaterale consultiva.
Il presidente americano Barack H. Obama saluta nell’accordo raggiunto un successo che non si registrava da vent’anni in questo campo; anche per Medvedev si tratta di un buon "colpo" di politica estera, che mette entrambi in buona luce agli occhi della comunità internazionale. L’obiettivo per Obama è quello di marciare verso il sogno di un mondo privo di armi di distruzione di massa, cui si era riferito un anno fa in un discorso tenuto proprio a Praga.
La settimana dopo la firma del nuovo trattato Washington ospiterà una conferenza dei 40 Paesi firmatari del trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Saranno comunque la Duma russa e il Senato degli Stati Uniti ad avere l’ultima parola sull’accordo, che entrerà in vigore solo una volta controfirmato e approvato da entrambe le assemblee elettive, in un passaggio che si auspica rapido e simultaneo. Obama avrà comunque bisogno del voto dei repubblicani, o almeno di parte di essi, dopo le ultime feroci contrapposizioni sulla riforma sanitaria, la sua prima vera grande vittoria cui ora si aggiunge il rinnovo del trattato sulle armi nucleari. Un buon passo avanti che migliora le relazioni mai del tutto cristalline con Mosca, resa più assertiva dal successo militare di due anni fa in Georgia e da quello recente, alle urne, in Ucraina.
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