La rivincita dello Scientifico
Il giornalista Gianni Spartà commenta l'intervento del ministro dell'interno Maroni all'assemblea studentesca del liceo Ferraris
Lui che frequentò con fierezza il liceo classico in cattedra davanti agli studenti del liceo rivale, lo Scientifico. Chi aveva diciott’anni nei favolosi ’60 l’ha vista anche sotto questo aspetto la lezione di Roberto Maroni su come lo Stato sta combattendo con buoni risultati la battaglia contro camorra, ‘ndrangheta e mafia, usando, più che i mitra, l’arma micidiale dell’aggressione ai loro patrimoni.
Non stupisce che il modello possa interessare soprattutto le nuove generazioni, distanti magari dalla politica ma curiose di sapere se vivranno un giorno in un Paese migliore. E non stupisce, pertanto, che Maroni abbia tradito il suo “Cairoli”, si fa per dire, decidendo di trasmettere il messaggio al liceo frequentato tra l’altro da uno dei suoi figli. Quel liceo guardato con sufficienza dagli ex allievi, oggi medici, avvocati, professori e ministri, iscritti al “Cairoli” e pronti a citare Fedro: «Superior stabat lupus, longeque inferior agnus».
Formidabili quegl’anni, per dirla con Capanna? Nei ricordi intimi del “ragazzo del Viminale”, sì. Sicuramente formativi. Le migliori letture? «Gli appunti che prendevo in classe quando Cesare Revelli ci spiegava la filosofia. Parlava dei presocratici e li rendeva attuali. Ci trasmetteva, con le nozioni, un metodo di analisi», ci disse una volta Bobo. I compagni d’allora. Uno, Massimo Malerba, se n’è andato e tutti le volte suona il Distretto 51, la band che annovera Maroni alle tastiere, c’è una canzone dedicata a lui. Un altro, Elio Girompini, fa il giornalista e segue le regate di vela per il Corriere della Sera. Un altro ancora, Mario Carletti, è medico sportivo. La combriccola varesina era questa e siccome abbiamo bisogno di favole, diceva Voltaire, eccone una: c’era una volta un mite giovanotto di Varese che di giorno lavorava all’ufficio legale dell’Avon e la sera in pizzera si sciroppava le prediche leghiste di Umberto Bossi. E’ diventato ministro dell’Interno e vissero tutti felici e contenti. Chissà che se qualcuno tra gli studenti che lo hanno ascoltato ieri al cinema Vela è andato a casa e ha detto alla mamma: se ci è riuscito lui, perché non posso sperarci anch’io.
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