Processo infettivi, le difese. “Non c’è truffa”
Sono iniziate le arringhe difensive, gli avvocati dei manager dell'ospedale contestano la ricostruzione dell'accusa
Sono iniziate le repliche delle difese al processo sull’appalti sospetti (il prezzo sarebbe stato gonfiato) per la costruzione del reparto infettivi dell’ospedale di Varese. L’accusa ipotizza una truffa per favorire l’impresa di costruzione di Gela che eseguì i lavori decisi con una delibera nel 2002 dai vertici ospedalieri. Venerdì è stato il turno della difesa dell’ex direttore dei lavori, Paolo Ciotti, e del suo assistente, Alessandro Barbarito, difesi rispettivamente dal legale Patrizia Esposito e dall’avvocato Perla Sciretti. Le difese respingono tutte le accuse, e partono dal principio che l’opera è stata completata ed è funzionante. Secondo l’avvocato Esposito non ha logica l’accusa contro Ciotti, che non aveva mai avuto richieste di favori da parte d ella azienda come risulta dalla mancanza di contatti tra lui e i rappresentanti della ditta di Gela. Perché mai allora gonfiare appalti senza alcuna domanda specifica da parte di chi avrebbe dovuto trarne vantaggio? Agli atti, ha insistito la difesa, non risultano infatti telefonate che attesterebbe accordi sottobanco tra le parti. Inoltre la difesa di Ciotti sostiene che non c’è stato alcun danno patrimoniale a giustificare una accusa di truffa ai danni della Regione e ha confortato la sua tesi con una lunga spiegazione normativa sulla congruità delle retribuzioni pattuite. Va anche rilevato, secondo la difesa, l’assenza di prove in ordine a un presunto vantaggio personale ricavato dai funzionari dell’ospedale per quell’ appalto. La variante al progetto era stata motivata, nella delibera non c’erano falsi. Anche il legale di Barbarito ha insistito sulla correttezza dell’operato del suo assistito e in particolare ha chiarito che nelle operazioni di cantiere di cui era responsabile non vi è mai stato alcun falso su materiali o altro.
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