Quattro anni per una perizia e scatta la prescizione
La moglie di un uomo morto in seguito ad un'operazione all'aorta in una clinica di Castellanza presenterà un esposto al Csm e chiede un risarcimento per l'ingiustificata durata del procedimento penale
Ad un caso di malasanità si aggiunge un caso di malagiustizia. Almeno questa è l’ipotesi che sta alla base degli esposti, uno penale e uno al Csm, che sta per inoltrare il legale di una donna che nel 2004 perse il marito in seguito ad un intervento effettuato dai medici della clinica Mater Domini di Castellanza. Nel frattempo è stato depositato anche un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Una perizia sulle cause della morte di un paziente operato in una clinica di Castellanza, depositata a oltre 4 anni di distanza dal conferimento dell’incarico al perito, ha fatto cadere in prescrizione l’accusa di omicidio colposo per un medico della struttura. Il legale della donna, l’avvocato Ernesto Tangari, che appena ieri ha ricevuto l’incarico di assisterla, ha spiegato che chiederà anche un’ispezione del Ministero della Giustizia presso la Procura di Busto Arsizio, dove, ha aggiunto, «il procedimento sull’omicidio colposo è rimasto pendente dall’agosto 2004 fino alla richiesta di archiviazione del novembre scorso, dopo oltre 5 anni, con intervenuta prescrizione».
L’uomo, di 62 anni, era stato ricoverato nell’istituto clinico ‘Mater Domini’ di Castellanza per un problema cardiaco ed era morto il 17 maggio 2004 per la rottura dell’arco aortico. Il 4 agosto 2004 la Procura di Busto Arsizio iscriveva nel registro degli indagati un medico della struttura e, dopo oltre un anno di distanza, il 28 ottobre 2005, come ha spiegato il legale, conferiva l’incarico al perito per accertare la cause della morte. La perizia è stata depositata il 7 novembre 2009, dopo oltre 4 anni, quando il tempo indicato nel conferimento era invece di 60 giorni.
L’avvocato Tangari parla di «gravissima responsabilità omissiva del consulente tecnico e dei due pm» che si sono succeduti come titolari del fascicolo, i quali non hanno «compiuto alcun atto» che potesse interrompere la prescrizione per il reato di omicidio colposo, che è di 5 anni per gli indagati incensurati. Nel ricorso alla corte europea, presentato il 19 gennaio scorso, la vedova denuncia la «cattiva e tardiva conduzione delle indagini» che ha prodotto «l’impossibilità di accertare l’effettiva responsabilità del personale medico». La donna con il suo ricorso chiede un risarcimento per l’ingiustificata durata del procedimento penale. Nella richiesta di archiviazione della procura di Busto Arsizio, formulata nel novembre scorso, si legge che non ci sono «elementi atti a sostenere l’accusa in giudizio» e che «in ogni caso il reato è estinto per intervenuta prescrizione».
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