Ruffinelli dà voce a Malpensa e al tessile
L'incontro organizzato dalla Lega Nord ha visto ospiti Marco Reguzzoni, Giuseppe Bonomi (Sea) e Michele Tronconi di Sistema Moda Italia. A braccetto economia e politica, made in Italy e decolli
Luciana Ruffinelli sceglie di dare voce al mondo dell’economia durante la sua campagna elettorale per la riconferma in consiglio regionale. Ai Molini Marzoli non parla "la candidata": è la Lega che interloquisce con Malpensa e il tessile, punti forti identificati del territorio: entrambi colpiti dalla crisi gravemente, la prima in recupero, il secondo che resiste a denti stretti. «Accenderemo un focus sulle piccole e medie imprese nella prossima legislatura regionale» promette Ruffinelli di fronte al pubblico della Lega. «Lo abbiamo sottolineato anche con la presentazione della campagna elettorale nel Milanese, in fabbrica, a Segrate». E son o quasi le sue uniche parole: a parlare è il mondo economico.
A Giuseppe Bonomi, presidente di Sea, e Michele Tronconi presidente di Sistema Moda Italia, "accompagnati" dal deputato Marco Reguzzoni in rappresentanza della Lega "di governo", è spettato il compito di ricostruire le vicende dei relativi settori. E se l’aeroporto, gettato in mare del dehubbing forzoso causato dalla "vecchia" Alitalia, ha mostrato, se non di nuotare come una Pellegrini, perlomeno di saper restare a galla, il tessile si dibatte ancora nelle spire della crisi, cercando quelle soluzioni di prodotto da un lato, e di protezione legislativa dall’altro (vedi proposta di legge Reguzzoni-Versace), che si ritiene possano giovare.
Malpensa – Bonomi riassume il "salvataggio" dello scalo. «Alitalia è passata da gestire 11,5 milioni di passeggeri/anno a 1,5 in due anni. Ora è tornata, ma concentrandosi su un network più ristretto, e come terzo cliente dell’aeroporto». L’aeroporto però non ha perso 10 milioni di paseggeri l’anno, bensì 4,5. «Il dehubbing fu e resta per noi una scelta sbagliata anche per Alitalia, e che ritenemmo una violazione contrattuale, tanto da avviare un procedimento legale» tuttora tecnicamente in corso. Mandato giù il colpo, Malpensa «ha reagito con un nuovo piano industriale» a fine 2007, che calcolava in tre anni il tempo necessario ad assorbire la mazzata e tornare ai livelli di quell’anno. La crisi abbattutasi su tutto e tutti ha fatto il resto, e oggi Bonomi stima che il 2012 possa essere l’anno del definitivo rilancio su quei numeri. Intanto, ripete a suon di percentuali, Malpensa dalla seconda metà del 2009 cresce in controtendenza col resto d’Europa. Il settore cargo dagli abissi di gennaio 2009 (-44% rispetto all’anno prima) ha ripreso a correre in autunno, con aumenti percentuali enormi proprio perchè partito da un quasi azzeramento, ma che continuano: ancora in gennaio e febbraio 2010 si parla di percentuali sul +43% rispetto al mese precedente. Al netto dell’abbandono di Alitalia, Malpensa ha attratto 420 voli, 11 destinazioni internazionali, 10 bvettori passeggeri, 7 cargo. Malpensa, insomma, c’è, «a dispetto di chi ci dava già per morti».
Marco Reguzzoni era volato a Roma per difendere lo scalo, che si è difeso benissimo da sè. Sulla vicenda dirà che «se non altro Alitalia ha smesso per sempre di essere una macchina mangiasoldi». E sulla liberalizzazione degli slot dei voli («da solo avrò fatto 250 interrogazioni») attacca «il romano de Roma Tajani», commissario europeo, che l’ha stoppata «pensando a Fiumicino: ma il redde rationem è solo rinviato di un anno».
Il tessile: lato politico e lato economico – Marco Reguzzoni ha però un chiodo fisso: la proposta di legge firmata da lui e da Versace a tutela del made in Italy. Un tentativo dichiarato di ottenere norme comunitarie in materia, visto che protezioni ai prodotti nazionali si applicano dalla Cina all’America. I dazi non sono una bestemmia: «abbiamo salvato Dalmine facendone mettere uno al 46% quando emerse che i cinesi praticavano un dumping sistematico sulla loro produzione metalmeccanica». Un altro chiodo fisso, ma stavolta dlel’intera Lega, è il federalismo fiscale. Esempi negativi, i soliti: Roma e il Sud. «Il Lazio col suo buco da 5 miliardi nella sanità, la Calabria che non presenta i bilanci, la Campania che ha dieci volte i bidelli del Veneto, Rosarno…». Il mantra è il solito: «Mantenere i nostri soldi a casa nostra».
Scevro di ogni elemento politico l’intervento di Michele Tronconi, molto apprezzato. «I dati sono pesanti, ma il tessile-abbigliamento è un settore che non sparisce, è troppo importante per questa regione». La sua analisi non è ristretta, ma globale. Va a toccare i costi energetici, da ridurre: anche perchè il prezzo petrolio, sostiene, è destinato a tornare a crescere. «Non era solo speculazione: è che ce n’è meno e costa estrarlo, e c’è una domanda in crescita continua da Cina, India, Brasile che hanno parchi mezzi sempre più vasti e consumi in espansione». Quando il petrolio era ai minimi, era nato, analizza Tronconi, un «commercio di fase che spezzettava le lavorazioni: una parte qui, una là». Così si finiva per mettere l’ultima etichetta in Italia e definire il tutto "made in Italy", tra parentesi: proprio quello che al proposta Reguzzoni-Versace («in Senato mi hanno detto: stia tranquillo, è di quelle che comunque passano») vuole impedire. Ora lo scenario appare diverso: se i costi energetici continuano a crescere, con il petrolio che in un anno è risalito da poco più di 30 a circa 80 dollari il barile, argomenta Tronconi, si prospetta «un mondo con costi di trasporto più incisivi» che favorirebbero le produzioni locali da un alto, il commercio internazionale solo di materie prime e prodotti finiti dall’altro.
«Il tessile non ha avuto gli incentivi di altri settori, e non è abituato a viverne» premette Tronconi, prima di elencare le richieste al governo. Queste riguardano essenzialmente il fisco, con crediti d’imposta, riduzioni di accise, detassazioni e decontribuzioni per favorire chi crea nuovi campionari (ricerca e sviluppo) e assume donne, ad esempio. E la riduzione del cuneo fiscale. Tutto per sostenere un made in Italya «che nel mondo, dal Brasile alla Siberia, gode di altissimo prestigio, ed è sinonimo di lavoro ben fatto e di qualità».
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