Varese “capitale” dei ministri degli interni d’Europa con il G6
Lo conferma Maroni a margine di un incontro elettorale a sostegno di Fabio Binelli. "Napolitano apprezza nostre posizioni? Noi siamo coerenti"
Varese sarà capitale europea della sicurezza. Roberto Maroni lo conferma a latere dell’incontro elettorale di venerdì sera al Teatro Santuccio di via Sacco, tenuto insieme al sindaco Attilio Fontana e al candidato consigliere regionale Fabio Binelli, moderatore il giornalista Gianni Spartà.
Il G6, l’incontro dei ministri degli interni dei più popolosi Paesi d’Europa si terrà dunque nella Città Giardino, anche se la data, riferiva il ministro, slitterà dall’originaria previsione di maggio per attendere l’esito del voto britannico.
Non è che una spigolatura a margine, buona per un titolo, di una serata, trattandosi di un momento elettorale, in cui Maroni proprio non può esimersi dal vantare risultati: e così rimarca, citando delle statistiche, il calo della delinquenza, in particolare un -31% di rapine nel 2009.
Un uditorio amico accoglie con applausi e viva simpatia un Maroni più che mai profeta in patria. Anche se nei mormorii dell’atrio si coglieva l’inquietudine di chi proprio non sa se stavolta andrà a votare. C’è fastidio in giro, c’è insofferenza a destra come a sinistra. E anche per la Lega, che pure non sembra correre rischi contando su un elettorato insolitamente fedele e caparbio, è ora di serrare le fila, in una competizione che ormai è molto più verso l’alleato PdL che non verso il centrosinistra.
Ad introdurre la serata anche il segretario provinciale Stefano Candiani, che individuava nella concretezza e nello stare fra la gente le caratteristiche salienti della Lega Nord e i fondamenti della sua perdurante forza politica. Un partito di cui lo stesso Maroni esalterà il cemento della militanza, che si ottiene dopo un anno di "gavetta" vecchio stile, fatta di partecipazione alle riunioni, di consigli comunali, di attacchinaggi notturni, e che vive di disciplina e passione a un tempo.
Fra i commenti uditi in serata da Maroni, anche uno sul Presidente Napolitano che proprio venerdì riconosceva alla Lega una condivisione di massima di alcune preoccupazioni per i toni della campagna elettorale. Chi l’avrebbe mai detto! Maroni ha buon gioco nel ricordare un Napolitano ben più arcigno, nel 1997, quando era lui il ministro dell’Interno, pronto allora ad arginare con la massima energia, anche nelle parole, ogni disegno secessionista. Altri tempi.
«A chi dice cose giuste lo riconosciamo, chiunque sia» sintetizza Maroni. «Siamo coerenti, e per quasto milioni di elettori ci rispettano. Nessun partito ha la classe dirigente, giovane, competente e onesta, che abbiamo costruito noi negli anni, non come in altre realtà dove compri tessere per farti candidare! Veniamo da tempi in cui serviva il coraggio di esporsi, anche a persecuzioni: come quando dei sindacalisti andarono dal mio capo, vent’anni fa, allora ero segretario provinciale, per segnalare la mia attività politica: ma gli andò male, perchè quello la pensava come me».
Un partito «di gente onesta», che cerca e cercherà di fare dello slogan "padroni a casa nostra" una realtà: dove per "casa nostra" s’intende "della Lega". E se già Candiani sospirava che al posto di Formigoni si sarebbe preferito qualcun altro, Maroni già vede Piemonte e Veneto con presidenti leghisti, in caso di doppia vittoria al voto: «e fra cinque anni tocca alla Lombardia». A riprova, anche Fontana, sentito da Spartà sulle difficoltà finanziarie dei Comuni, in contrasto sui discorsi di federalismo fiscale, ribatte pronto che se la situazione è quella, è perchè la Lega non viene votata ancora abbastanza da incidere quanto vorrebbe. Insomma: a centrodestra si sta stretti.
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