Dal Settecento a internet, la censura fa parte di noi
In Italia il modo di comunicare è da sempre troppo legato al potere. Anche nell'era del web. Lo spiega lo storico Sandro Landi, ospite dell'Insubria di Varese
Mail, siti, commenti, blog. Ogni giorno su internet circolano milioni di informazioni, ma sono davvero libere? Quali sono i loro confini? Ha ancora senso parlare di censura? Secondo Sandro Landi, docente dell’Université Michel de Montaigne (Bordeaux) e ospite all’Università dell’Insubria, il cammino per una comunicazione senza limiti è ancora lungo. O almeno in Italia dove la storia ha lasciato segni profondi nel modo di trasmettere le informazioni. «Partiamo dal passato: già nel Settecento in Italia si potevano osservare profonde differenze rispetto agli altri paesi come ad esempio l’Inghilterra. Qui l’opinione pubblica non nasceva dal confronto ma dall’alto, come emanazione del potere politico. E oggi le cose non sono molto cambiate, l’opinione pubblica è ancora legata alle istanze della politica». Anche la stampa, secondo il professore, è spesso ancora vittima di questo legame: «La storia ci insegna a capire il presente – ha spiegato – il giornalismo in Italia è nato nel Settecento in due centri: la repubblica di Venezia e la Toscana. In entrambi i casi si trattava di emanazione delle informazioni scelte dai governi. Il cammino in altri paesi è stato invece diverso e indipendente. Oggi sono ancora molti i giornali italiani che dipendono dalle forze politiche e sarebbe interessante capire quali fonti sono davvero staccate e autonome».
Nel dibattito sulla libertà di stampa oggi si impone la rete con la possibilità di far circolare notizie e opinioni in tempo reale e in ogni parte del paese. Anche in questo caso esiste la possibilità di vagliare i contenuti? «Diciamo che internet offre un grande strumento che si affianca all’autorevolezza della stampa e dei libri. È una novità dunque dal punto di vista tecnologico ma è anche vero che rispecchia delle tecniche che l’uomo conosce da tempo: le lettere che sono diventate mail, i manoscritti, la comunicazione orale». Fatta questa premessa, la domanda che ci poniamo è: l’informazione è dunque più libera? «Su questo si deve riflettere molto. La censura più evidente è quella preventiva o repressiva che si concretizza nel vietare dall’alto un determinato contenuto. È quello che accade ancora oggi in alcuni paesi. Ma dobbiamo ricordarci che non è l’unico modo per creare dei limiti: esiste un tipo di censura molto più difficile da delineare che è quella del "campo del dicibile", il politicamente corretto. Questo mette dei veti ancora più forti, che forse per il momento neanche internet può superare». Se è vero però che l’Italia ha accettato negli anni vincoli e censure è anche vero che alcuni hanno trovato canali alternativi per trasmettere comunque il proprio messaggio: canali come l’arte ad esempio. «Questo è vero. Spesso i significati allegorici sono riusciti nell’arte come nella scrittura a trasmettere ogni tipo di comunicazione. Ne erano un esempio gli scritti crittografici di Galileo oppure i significati iconografici delle opere di certi grandi artisti. Anche in questo campo c’è molto su cui riflettere».
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