L’iPad, le sei “C” e il futuro della notizia
Al festival del giornalismo il web interroga gli esperti sul futuro del fare informazione. Dagli articoli a pagamento al rapporto con i lettori
«Quando l’iPad è arrivato in redazione lo abbiamo accolto come i giornalisti di un tempo aspettavano l’inviato con le novità dalla guerra». Dietro l’entusiasmo di Mario Calabresi per l’ultimo arrivato di casa Apple ci sono tutte le aspettative del mondo dell’informazione. O almeno gran parte. Cambierà il modo di dare le notizie? Darà nuova vita alla carta stampata? I contenuti saranno a pagamento? La curiosità è alta e le risposte ancora sono solo delle ipotesi. Ma accanto a internet, blog e social network, l’ultima innovazione di Steve Jobs è l’argomento più citato negli incontri del Festival del Giornalismo in corso in questi giorni a Perugia. Insieme naturalmente alla potenza del web che oggi interroga gli esperti sul nuovo modo di trovare le notizie, di scriverle e anche di divulgarle.
Quest’ultimo è il caso, come ricorda Luca Conti, blogger e fondatore di "Pandemia", «dell’amico di fiducia che segnala attraverso Facebook o Twitter quei contenuti curiosi o interessanti che meritano di essere letti. Un metodo di ottenere informazione che sta diventando un’abitudine diffusa degli utenti del web e che non tiene conto delle gerarchie scelte dalla redazione». Questa nuova frontiera del passaparola da un lato seleziona e dall’altro amplifica una notizia. Qualcosa che per i media, soprattutto on line può offrire molto.
Dal punto di vista della professione però cosa cambia, si chiedono i giornalisti? «Le competenze richieste – prosegue l’esperto – all’interno della professione si parla ora ad esempio di "curatore". Una figura specifica, un giornalista che sulle pagine del giornale o sul proprio blog non fa altro che scandagliare le fonti più importanti per offrire contenuti e notizie da divulgare e che possano raggiungere direttamente le persone interessate». Un’osservazione che ne apre un’altra: quella sul tempo, sempre più limitato e che obbliga il lettore a scegliere tra Facebook e un quotidiano ad esempio. E ancora, di fronte alla montagna di notizie che circola on line, come si decide quello che merita di essere letto? Come avviene la scelta? «C’è una cosa su cui insisto spesso: i giornali dovrebbero offrire meno argomenti ma più selezionati e che valgano la pena di essere letti. Dobbiamo ricordarci che la gente seleziona molto – osserva nel suo intervento Calabresi -. Non è vero ad esempio che gli italiani leggono meno, lo dimostrano i dati: si legge sempre e si sceglie molto. Abbiamo il dovere di dare ai nostri lettori dei contenuti interessanti». Meno si è approfondito invece il coinvolgimento dei lettori nella creazione delle notizie, un valore aggiunto che per alcuni è la vera rivoluzione del modo di informare mentre per altri è solo una delle tante potenzialità. Consigli interessanti, nel merito arrivano da Marco Bardazzi, giornalista della Stampa e autore, insieme a Massimo Gaggi, del libro "L’ultima notizia": «Le regole per il futuro possono essere sintetizzate nelle sei "c": comunità, conversazione, condivisione da un lato e credibilità, creatività e contenuti dall’alto».
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