La Rutil muore, al funerale tutti i suoi operai

La fabbrica caduta nel baratro del fallimento, e si è trascinata con se 102 lavoratori con le loro 102 famiglie e i loro conti da pagare

I lavoratori della Rutil di Lonate CeppinoIn via San Lucio un gruppo di lavoratori sta celebrando il funerale di uno dei grandi testimoni industriali del nostro territorio: la Rutil è caduta nel baratro del fallimento, e si è trascinata con se 102 lavoratori con le loro 102 famiglie e i loro conti da pagare.
La cronaca di come si è arrivati a questo punto è fatta di trattative e tribunali ma anche, come denunciano i lavoratori, di tanta, tanta indifferenza. Ora gli rimane soltanto la consapevolezza di aver fatto tutto quello che era nelle loro possibilità e ancora pochi giorni di cassa integrazione. Dal 13 maggio entreranno in mobilità.
I sindacati, oggi davanti alla fabbrica con Otello Amabile della Uilm e Oscar Brun della Cgil, non vogliono illudere oltre i lavoratori, che di speranze andate a vuoto ne hanno avuto fin troppe: «ora possiamo solo aspirare ad essere un monito per questa provincia che vuole nascondere le sue crisi, un territorio che si crede il meglio amministrato e organizzato ma che quando perdi il lavoro ti lascia solo, come uno sfigato, a cavartela come puoi».
Già, ma cavartela a 50 anni e con una vita spesa solo dentro la tua azienda non è facile, soprattutto quando sai di aver contribuito a creare la ricchezza di questo territorio, che i presenti non esitano a definire la «terra degli imprenditori con le produzioni in Cina, i conti in svizzera e i debiti in Italia».
L’epilogo di questa storia è arrivato gennaio dell’anno scorso. L’azienda entra in liquidazione e si susseguono le voci di possibili acquirenti, in una spirale al ribasso di speranze e illusioni che distruggono il morale dei lavoratori. Nel mezzo anche una coda di polemiche con chi ha cercato di gettare sui sindacati la responsabilità del fallimento delle trattative. Rutil Lonate ceppino
Da lì al portare i libri in tribunale è cosa di pochi mesi e il 3 marzo di quest’anno l’azienda è andata all’asta. E l’asta è andata deserta.
Il giudice non può che fotografare l’assenza di acquirenti con la firma sull’atto che decreta la morte della Rutil.

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Una storia lunga e piena di sofferenze, fatta di operai piombati nel limbo delle aule di tribunale dove veniva deciso il loro futuro, e di soldi che arrivano a spizzichi e bocconi.
Ma non è stato sempre così. Una volta la Rutil era un fiore all’occhiello della nostra industria. Nata a Castronno dall’ingegno dell’ingegner Gianni Coscia, si è trasferita a Lonate Ceppino dove diventa un marchio internazionale che ha dato da mangiare a 200 dipendenti. Le presse per la gomma che sfornava la Rutil seguivano rotte lontane, America, Brasile, Russia, oltre al mercato interno.
Ma quelli erano tempi in cui la dirigenza investiva in piani di sviluppo e formazione.
Poi le generazioni si passano il testimone e alla guida della Rutil sono arrivati i figli di Coscia, e anche quel Maurizio Coscia verso il quale i lavoratori puntano oggi il dito delle responsabilità. «Nessun piano di sviluppo e incertezze sulle commesse», i lavoratori avevano annusato una Lavoratore Rutilcattiva aria già dal 2005, «erano cominciati periodi altalenanti, forse quello era il momento di prendere decisioni forti», che per un complesso industriale significa nuovi investimenti, nuovi piani di sviluppo e formazione del personale. In alternativa, l’avvio di un piano di uscita per i lavoratori: prepensionamenti o trattative per la cessione dello stabile e del suo know how. «Niente di tutto questo è stato fatto», denunciano invece i lavoratori.

A fine novembre Stefano Coscia, uno dei manager, così descriveva la situazione dell’azienda su un magazine del settore: “Il 2008 è stato un anno sinora soddisfacente che, oltre ad aver presentato un trimestre estremamente positivo sia in termini di ordini ricevuti che di fatturato, ha evidenziato una crescita rispetto all’anno passato in quasi tutti i segmenti presidiati da Rutil. A fronte di tale risultato si evidenzia tuttavia anche come, negli ultimi mesi dell’anno, la situazione economica generale abbia avuto un impatto immediato sulle decisioni di investimento, spesso costringendo a sospendere progetti previsti nell’immediato”.

I lavoratori invece indicano quel periodo come l’inizio della caduta libera.
E, infatti, a gennaio arriva la liquidazione. E oggi i lavoratori sono di fronte a un’azienda morta, pronta ad essere spacchettata e svenduta. Senza di loro che ne sono la polpa.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Aprile 2010
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