Le tre verità del delitto Catic
Il gup ammette Merani e Bacchetta al rito abbreviato e dispone due diverse perizie per capire chi stia mentendo
Le versioni non coincidono e il giudice chiede aiuto ai periti. Si è conclusa con l’ammissione al rito abbreviato per entrambi e con la disposizione di due consulenze da parte del gup Giuseppe Fazio, l’udienza preliminare per l’omicidio del 17enne Dean Catic. Jacopo Merani e Andrea Bacchetta, oggi, sostengono ancora tesi opposte. Si profila una guerra di dichiarazioni e perizie contrapposte: i due imputati potranno però contare sullo sconto di un terzo di pena.
Ecco le tre versioni su cui ruota il processo.
Secondo l’accusa (pm Agostino Abate) quella notte i due ragazzi attirarono Dean Catic in una trappola. Lo portarono in auto alle Bustecche. Il resto è noto: lo massacrarono in tre fasi e lo seppellirono a casa di Merani. Insieme.
La difesa di Merani (Alberto Zanzi e Fabio Ambrosetti) crede a quanto Jacopo ha raccontato nelle due udienze dell’incidente probatorio che si è concluso questa mattina (8 aprile). Di fronte alle domande dell’avvocato Anna Lago (il legale che difende Bachetta e che ha a supporto l’avvocato Fabio Margarini) ha ribadito che l’omicidio fu compiuto a quattro mani, da tutti e due, ma senza premeditazione; per futili motivi, forse per un insulto, e con un coltello che si trovava già nell’auto dal giorno precedente, ma non posizionato appositamente. La difesa Merani insiste nell’affermare che Jacopo ha gravi problemi psichici. Il giudice Giuseppe Fazio ha acquisito una perizia di parte che stabilisce la seminfermità del giovane, sulla scorta di una reiterata e massiccia assunzione di farmaci, fin dalla tenerà età.
La versione di Andrea Bacchetta è un’altra ancora. Andrea sarebbe solo un gregario, una pedina in un gioco più grande di lui (durante le indagini il gip Battarino aveva però smentito questa tesi); avrebbe capito troppo tardi che l’amico voleva uccidere Dean e comunque non ha mai colpito la vittima. La difesa Bacchetta ha presentato una consulenza che analizza lo stato emotivo di Andrea di fronte al delitto, in quelle ore. E’ materia per specialisti, certo, ma, banalizzando, la tesi della difesa è che il complice sarebbe stato sì presente, ma sottoposto a uno stato di choc emotivo che ne avrebbe bloccato una pronta e logica reazione, finanche l’idea di portarlo al pronto soccorso dopo il primo ferimento nel parcheggio delle Bustecche. La tesi difensiva è che Merani conduceva il gioco, un ragazzo soggetto a stati di agitazione incontrollabili; il racconto di quest’ultimo sarebbe inoltre costellato di «vuoti» e «punti oscuri». L’intera fase del delitto durò due giorni, Bacchetta tornò anche a casa, eppure non ebbe reazione. Secondo la difesa ha una personalità limitata che gli avrebbe impedito di reagire.
Conclusione: il gup Fazio disporrà una perizia psichiatrica su Jacopo Merani per capire quanto sia capace di intendere e di volere. E ha disposto altresì una perizia medico legale che accerti con precisione se sul corpo della vittima abbiano agito due o quattro mani per dipanare il giallo delle versioni contrapposte. Lunedì 12 aprile si terrà l’udienza per il conferimento dell’incarico. Una sola cosa unisce entrambi gli imputati: insistono nel dire che non c’è movente e non c’è premeditazione (una aggravante che sulla carta potrebbe costare l’ergastolo a tutti e due, anche in caso di rito abbreviato).
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