Quattro manichini impiccati: giallo in Corso Italia
Sotto ai pupazzi "suicidi" la rivendicazione del gesto della misteriosa Danda, "movimento di terrorismo culturale". Nelle settimane passate in città erano apparse scritte murali (nella foto)
Una macabra trovata ha dato la sveglia agli abitanti del centro storico di Gallarate: ad attrarre l’attenzione davanti ai portici di Corso Italia c’erano quattro manichini impiccati, con un cartello al collo con quattro nomi propri. «Elena si è uccisa per la Danda» era ad esempio il messaggio che uno dei quattro fantocci – realizzati in pezza e con un’altezza di circa 85 centimetri – portavano al collo. Anche gli altri tre manichini portavano un’indicazione simile, con due nomi maschili e uno femminile. Sotto ai portici, il manifesto di “rivendicazione”, firmato da Danda, sedicente “movimento di terrorismo culturale”. Il materiale è stato sequestrato dalla Polizia Locale, intervenuta intorno alle 8 su segnalazione dei cittadini: è stata fatta una comunicazione anche alla Digos e ai Carabinieri.
La comparsa dei manichini impiccati ha naturalmente inquietato non poco i commercianti e i residenti di Corso Italia: spaventati non tanto dal colpo d’occhio (i pupazzi erano evidentemente finti, niente a che vedere con i bambini impiccati da Maurizio Cattelan), ma dai messaggi minacciosi del volantino e dalla parola “terrorismo” usata dagli ignoti autori, per di più accostata ad un messaggio che si potrebbe leggere in chiave suicida. Il testo sarebbe una sorta di manifesto del movimento artistico-culturale, con toni piuttosto inquietanti e truci ("saremo il lutto che infesta la città"), slegato da qualunque logica politica e anzi polemico ("no al pollaio politico", si legge). Le indagini della Digos sono ancora in corso e sarebbero orientate a considerare l’episodio come una provocazione pubblicitaria, senza alcuna connessione politica. La sigla Danda non è totalmente sconosciuta in città: alcune settimane fa scritte murali sono apparse in alcuni punti della città. "La Danda è viva!" si legge ancora oggi su una serranda nel centro cittadino.
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