“Salvate il conventino”
Un comitato di promotori lancia una raccolta di firme perchè il comune intervenga sulla antica casa Canavesi Bossi, a partire dalla messa in sicurezza, per restituirla alla città in vista di un restauro
Una raccolta di firme per salvare la "casa Canavesi Bossi", meglio nota come il "conventino" di via Matteotti, uno degli edifici storici di Busto Arsizio. L’iniziativa è stata presentata sabato mattina, con gli architetti Silvia Carbut e Rolando Pizzoli che esponevano il lavoro preparato per il recupero dello stabile, ed altre persone che hanno collaborato all’iniziativa. Sono state mostrate anche diapositive che illustravano l’interno della struttura e il suo stato attuale.
Tutelato dalla sovrintendenza, il cosiddetto "conventino" (che di religioso in verità non aveva nulla) risale nelle sue parti più antiche probabilmente al Quattrocento, e nel celebre catasto voluto da Maria Teresa d’Austria tre secoli dopo figurava come casa signorile. Finito in mano al Comune, è da molti anni disabitato e in via di progressivo degrado, un fenomeno che putroppo ha colpito varie parti di quello che resta uno dei quartieri storici di Busto Arsizio. Fin dal 1992, secondo le norme del vigente piano regolatore, della casa Canavesi Bossi è previsto il restauro. «I fondi relativi erano già comparsi a bilancio negli ultimi anni» osserva l’avvocato Walter Picco Bellazzi, fra i promotori dell’iniziativa, ma gli interventi ancora non so sono visti: da qui la richiesta anche attraverso lo strumento di una raccolta di firme,
Nella lettera al sindaco acclusa ai moduli per la raccolta delle firme si legge che "malgrado l’aspetto esterno dello stabile, semplice e quasi anonimo, se non fosse per il portale su via Matteotti, indizio di una certa ricercatezza, gli spazi interni, per quanto sottoposti a lunghi periodi d’incuria, manifestano la loro ricchezza formale ed architettonica con l’eleganza delle loro strutture; ne sono validi esempi la corte orientale, un luogo particolarmente raffinato e formalmente complesso, delimitato su tre lati da un porticato e loggiato di colonne tuscaniche, pavimentati con grandi lastre di pietra; ai ballatoi del primo piano sono ancora visibili parte delle ringhiere settecentesche i cui parapetti sono di ferro battuto; la stessa tipologia edilizia a corte, risultato di diversi cicli di ristrutturazioni, è caratteristica delle residenze borghesi, come anche gli ambienti sotterranei voltati della cantina e della ghiacciaia sul lato settentrionale del complesso". Insomma, una vera stratificazione di elementi tipici dell’architettura di questi luoghi nei secoli.
Dato lo stato di degrado, l’edificio non è visitabile; almeno uan messa insicurezza minimale sarebbe indispensabile per restituirlo alla città. «Un intervento globale potrebbe costare anche sul milione e mezzo, ma per ora gli interventi urgenti, su tetto e finestre per fermare le infilitrazioni, non supererebbero i 30mila euro di costo» osserva ancora Bellazzi.
La raccolta di firme si terrà da sabato 1° maggio con appositi banchetti che stazioneranno in via Milano.
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