Un piccolo dispositivo fa sparire il mal di schiena
L'equipe del professor Cherubino specializzata a curare la stenosi lombare con una tecnica mininvasiva consigliata anche a pazienti anziani
La stenosi lombare, definita anche patologia vertebrale del 21° secolo, è una malattia degenerativa del rachide determinata dal progressivo rilassamento dei tessuti che nel tempo tendono a diventare meno flessibili.
Secondo stime recenti, l’8% della popolazione soffre di stenosi degenerativa lombare, mentre il 15% e il 5% delle persone con mal di schiena che si rivolge rispettivamente a uno specialista o a un medico di medicina generale scopre dopo una visita di essere affetto da questa patologia.
Con l’avanzare dell’età, i dischi intervertebrali, la cui funzione è quella di ammortizzare le forze esercitate sui corpi vertebrali, sono le prime strutture a mostrare modificazioni anatomiche. In primo luogo perdono idratazione (e conseguentemente la normale altezza e volume) ed elasticità, diventando progressivamente meno resistenti alle forze di carico. Le strutture ossee si ispessiscono, spesso a causa del maggior carico cui sono sottoposte e gli spazi in cui sono alloggiati il midollo spinale e le radici nervose, diventano angusti, perché strutture legamentose e ossee premono su di essi.
Le opzioni terapeutiche possono essere “conservative” (somministrazione di antinfiammatori, riposo a letto, busto ortopedico e opportuna rieducazione) o “chirurgiche”.
Qualora i trattamenti conservativi non diano i risultati sperati è necessario proporre l’opzione chirurgica, il cui scopo è quello di decomprimere le strutture nervose e successivamente stabilizzare la colonna vertebrale del paziente con una strumentazione pesante ed invasiva. Un trattamento di questo tipo non è, però, consigliato a pazienti che, a causa dell’età avanzata, sono poco disposti a sopportare operazioni lunghe e complicate. La chirurgia vertebrale ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo straordinario, dovuto ai progressi della tecnologia degli impianti, degli strumenti e della chirurgia mininvasiva.
Oltre all’opzione chirurgica “tradizionale” è possibile oggi fare ricorso a tecniche mininvasive, attuabili per via percutanea, che prevedono l’inserimento di un dispositivo in grado di ripristinare la distanza tra i processi spinosi, dando nuovo spazio alle strutture nervose, senza rimuovere il tessuto. Il dispositivo è impiantato attraverso una piccola incisione della cute in breve tempo e in anestesia locale, con relativo minimo disagio per i pazienti. Grazie alla sua forma e alle strutture anatomiche circostanti, si adatta all’interno dell’area di interesse e determina una immediata risoluzione della sintomatologia.
Presso l’Ospedale di Circolo – Fondazione Macchi di Varese, l’equipe del Professor Paolo Cherubino da quasi 3 anni utilizza questa nuova tecnica ed ha eseguito circa 90 interventi, di cui 30 solo dall’inizio del 2010.
«Per le discopatie degenerative e le stenosi vertebrali – dichiara il Professor Paolo Cherubino, direttore dell’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale di Circolo -Fondazione Macchi di Varese – questo tipo di intervento sta diventando un trattamento di riferimento: è possibile intervenire anche su pazienti che superano gli 80 anni, che difficilmente potrebbero sopportare complicanze post operatorie di un’operazione tradizionale. Al contrario, in questo modo recuperano in modo eccellente l’assetto anatomico-funzionale della colonna vertebrale, a fronte di una riduzione sostanziale di cicatrici, rischio di infezioni e lunghi tempi di ripresa».
L’intervento viene eseguito attraverso un’incisione minima, al massimo di 1,5 cm, di solito in anestesia locale, sotto controllo fluoroscopico del chirurgo. Questa procedura riduce drasticamente il trauma chirurgico, limitando la perdita ematica e il dolore post operatorio, così come i tempi di ospedalizzazione.
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