Varese è meno verde

Si è passati da 32 mila ettari del 1982 ai 14 mila attuali. Le aziende che producevano latte sono passate da 550 a 114. Ogni anno l’imprenditore agricolo perde 100 giornate in pratiche burocratiche. «Se si continua a sottrarre territorio, il sistema collassa»

«Ogni metro sottratto all’agricoltura è perso per sempre». Così diceva Pietro Maestroni, presidente dal 1962 al 1992 dell’Unione agricoltori (oggi Confagricoltura). In provincia di Varese, stando ai dati forniti dall’associazione di categoria, la superficie destinata alle attività agricole è passata dai 32.500 ettari (325 chilometri quadrati) del 1982 ai  14.000 ettari (140 chilometri quadrati) attuali. «Sono molte le cause di questo impoverimento – spiega Pasquale Gervasini (foto), presidente di Confagricoltura – si va dall’urbanizzazione selvaggia e non coordinata dal dopoguerra a oggi , fino al potenziamento delle infrastrutture per la rete viaria. A questo si aggiunge un altro paradosso: tutte le opere di compensazione per le infrastrutture, come la Pedemontana, prevedono il ripristino delle aree collaterali con la piantumazione, quando il 60 per cento del territorio è già coperto da boschi che hanno conquistato moltissime aree un tempo destinate a prato e pascolo».
Un altro dato che fa pensare è la diminuzione drastica delle aziende che producono latte bovino in provincia di Varese: nel  1994 erano 550, oggi sono 114. Da una parte si è verificato un fenomeno di concentrazione della produzione, poiché la quantità di latte prodotto è rimasta la stessa, dall’altra c’è stato un fenomeno di mancata successione imprenditoriale da parte delle giovani generazioni che non vedevano nell’agricoltura una prospettiva per il futuro. «Sul territorio agricolo c’è una pressione fortissima – aggiunge Giuliano Bossi, direttore di Confagricoltura –  e si arriverà a un punto in cui il sistema tracollerà. Roberto Comolli, docente della Bicocca che studia questi fenomeni, ci ha spiegato che la sottrazione costante di territorio farà collassare tutto assieme».
L’agricoltura in provincia di Varese contribuisce al pil (la ricchezza prodotta) per circa il 2 per cento, conta 2310 aziende per 4000 addetti (delle posizioni agricole aperte,1500 sono professionali). Una realtà vivace – tenuto conto della vocazione industriale del territorio – che negli ultimi anni è stata spesso al centro dell’attenzione grazie ad alcuni prodotti dop (denominazione di origine protetta), come ad esempio la formaggella del Luinese, vere nicchie di qualità. «Questi prodotti – continua Gervasini – danno visibilità e sono un’utile integrazione al reddito. Ma oggi l’agricoltura deve avere una visione industriale: bisogna creare centrali di acquisto, fare accordi con la grande distribuzione, accorciare la filiera, perché noi siamo una realtà economica».
Domenica alle Ville Ponti Confagricoltura terrà la propria assemblea annuale. Oltre ai numeri e ai bilanci, gli agricoltori hanno una serie di richieste concrete da rivolgere alla politica. «Chiediamo ai politici di sburocratizzare la nostra attività – conclude Gervasini – perché non è accettabile che un imprenditore agricolo spenda oltre 100 giornate all’anno in pratiche burocratiche. Abbiamo difeso l’agevolazione contributiva per le zone montane svantaggiate che fa costare il lavoro un po’ meno. L’accordo scadrà il 31 luglio. Ebbene noi chiediamo che questo aiuto all’imprenditore agricolo diventi una riduzione contributiva strutturale e che non sia necessario rinnovarla ogni volta».
Come dire, qui le montagne esistono sempre e se oggi il Varesotto è una zona montana e quindi svantaggiata per l’agricoltore, lo sarà anche domani.  

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Aprile 2010
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