Per eccellere l’impresa deve soffrire come l’Inter
Le imprese che reagiranno e supereranno la crisi daranno vita a una nuova specie. Federico Visconti: «Dobbiamo guidare questo processo selettivo e fare crescere le componenti più forti del sistema favorendo l'aggregazione di imprese»
Stemperare i toni nei momenti drammatici aiuta a ragionare. Soprattutto se si ha davanti una platea di imprenditori alle prese con la peggiore crisi economica dal secondo dopoguerra ad oggi. FedericoVisconti, docente della Sda Bocconi, aziendalista e interista convinto (assomiglia anche un po’ a Mourinho), lo ha fatto molto bene durante la "Giornata dell’economia". «Tifo inter e sono convinto che la sofferenza diventi la base per un nuovo scenario di eccellenza» ha detto il professore con tono scherzoso. «Speriamo di non dover aspettare 40 anni, per uscire dalla crisi» avranno pensato gli imprenditori presenti nella Sala Andrea delle Ville Ponti.
Visconti per analizzare la crisi parte dagli spazi di mercato delle aziende. «Gli imprenditori hanno davanti delle torte che contengono il reddito – ha spiegato il docente -. Come le misuriamo queste torte? Gli economisti con il pil, gli imprenditori con il fatturato e con il buon senso. Di fronte a una torta che è diventata arida le aziende sono intervenute sulla gestione, al punto che oggi in tempo di vacche magre è tornata di moda anche in azienda la frase "spegni la luce"». Bisogna perciò capire che tipo di torta hanno di fronte le imprese: se una ricca e succulenta sacher o un striminzita e secca crostata. «C’è un altro elemento di cui tener conto – ha continuato Visconti – ed è il tasso di utilizzo degli impianti. Se io ho una portaerei che lavora come una barca sul lago di Varese, questo è un problema».
Le criticità non sono però tutte racchiuse nelle aziende. Visconti tira una bella sassata anche nello stagno delle banche, tema a cui gli imprenditori, soprattutto i piccoli, sono sensibili in questo periodo che li vede, bilanci disatrosi alla mano, andare alla battaglia per il rinnovo degli affidamenti. «Gli imprenditori subiscono la situazione finanziaria e quindi quella leva non la possono usare efficacemente. Per questo andrebbero ripensati i metodi per valutare l’affidabilità delle aziende».
Le piccole imprese hanno molti limiti da superare, primo fra tutti la mancanza di managerialità. Il piccolo imprenditore ha una vocazione quasi esclusivamente tecnica, il che vuol dire che fin da quando si alza la mattina, scende subito in trincea, per andare a lavorare gomito a gomito con i propri dipendenti. E quindi non ha tempo per elaborare strategie.
Non esiste una formula per uscire più forti dalla crisi, o per meglio dire, non ce n’è una sola. Il professore evoca il noto scienziato evoluzionista Charles Darwin e la selezione della specie, come dire: le imprese che reagiranno e supereranno la crisi daranno vita a una nuova specie di impresa. «Dobbiamo guidare questo processo selettivo – conclude Visconti – e fare crescere le componenti più forti del sistema favorendo l’aggregazione di imprese per prendere quelle fette di torta che sono sparse in giro per il mondo. Invece, abbattere la redditività del settore è pericoloso, perché puo’ danneggiare l’intera filiera».
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