Sindacalisti in coro: “Lo Statuto è un pilastro”
Ma all'orizzonte avanzano esigenze nuove che richiederanno di ampliarne l'applicazione, adattandola ad un quadro molto cambiato rispetto a quarant'anni fa
Lo Statuto dei Lavoratori è una conquista irrinunciabile, per quanto l’emergere di situazioni che quarant’anni fa non era contemplate nella portata che hanno assunto in seguito induca a considerare con attenzione una serie di correttivi, che non dovranno però intaccare in alcun modo i diritti sindacali e personali conquistati. Questa in sintesi la posizione dei sindacalisti varesini: abbiamo sentito i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil Franco Stasi, Carmela Tascone e Antonio Albrizio.
«Poco tempo fa abbiamo tenuto come Cgil un convegno» spiega Stasi «da cui è emersa ancora una volta l’importanza e l’attualità di quella legislazione, tuttora all’avanguardia a livello europeo. Va ricordato che prima del 1970 non esisteva nulla del genere, fu il frutto di una stagione di unità sindacale. Il legislastore riconobbe che il lavoratore di fronte al padrone è in una posizione debole, e lo tutelò contro discriminazioni e licenziamenti ingiusti. Almeno per le aziende dai quindici dipendenti in su – e sosteniamo sempre che queste tutela andrebbero estese anche al di sotto di quella soglia – si sono stabilite con lo Statuto la libertà di aderire a un sindacato, l’elezione di consigli di fabbrica evolutisi poi nelle rappresentanze sindacali unitarie. Fu uno spartiacque» rimarca Stasi, «non è un caso che oggi si attacchi lo Statuto dei Lavoratori. Cambiare? Si può fare, ma senza intaccare i diritti: invece il ddl delega sul lavoro del governo ci riporta indietro, non è certo con l’arbitrato al posto del giudice del lavoro che si progredisce. E l’attacco diventa ancora più grave in una situazione di crisi: in provincia abbiamo 40mila casintegrati, 6mila in mobilità, e migliaia e miglia di contratti temporanei non rinnovati. Piccole aziende, precari, nuove professioni vedono obiettive difficoltà di applicazione dello Statuto, questo sì: è qui che si deve intervenire, anche limitando l’applicazione consecutiva dei contratti a tempo determinato».
Anche per Carmela Tascone lo Statuto dei Lavoratori «è un punto fermo», perchè «ha recepito le lotte e gli sforzi dei sindacati di quegli anni». Ha avviato un periodo di sostanziali riforme sociali, ha apportato «un cambiamento radicale con l’introduzione di assemblee, permessi sindacali, fino ad allora tutta l’attività sindacale esulava dal posto e dall’orario di lavoro. Poi c’è stata la tutela prevista nell’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa, fondamentale contro ogni discriminazione. Lo Statuto ha permesso maggiore libertà sul lavoro, dignità per il lavoratore e possibilità di contrattare le condizioni dell’impiego. Nella mia esperienza, e ho iniziato a lavorare proprio mentre gli si dava prima applicazione, gli effetti sono stati positivi». Certo, ammette Tascone, «c’è il problema della condizioni di applicazione: per questo si pensa ad uno Statuto dei Lavori, oltre che dei Lavoratori, che copra diverse dimensioni aziendali, differenti tipologie di contratti, questa è l’esigenza di oggi. E non va dimenticata la necessità diu una riforma degli ammortizzatori sociali: le tutele, insomma, vanno estese dalla persona sul posto di lavoro, che si presumeva fisso o quasi, alla persona sul territorio.
Apre al cambiamento Antonio Albrizio, segretario provinciale della Uil, fermo restando il valore imprescindibile di alcune regole fissate dallo Statuto dei Lavoratori: «È stata una conquista di vitale importanza, nella quale la Uil ha creduto dal primo momento – spiega Albrizio -. Ci siamo battuti per ottenere diritti che prima non erno tutelati. Lo statuto è ancora un caposaldo, ma è degli Anni Settanta: il mondo del lavoro ha subito numerose trasformazioni, ci sono molte forme di lavoro che non c’erano. Penso a implementazioni, non a stravolgimenti: il riconoscimento di alcune libertà e di alcuni diritti non devono essere toccati. Però tutelare il lavoro precario, a tempo determinato o atipico è un dovere per il mondo sindacale.Va aperto un ragionamento su questi punti, attualizzare questo strumento chiave per i lavoratori che non devono e non possono essere lasciati in poszione di debolezza. Noi il 20 maggio abbiamo un’assemblea nazionale su questi temi».
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