Ecomafia: l’unico business immune alla crisi

Presentato il rapporto Ecomafia 2010 di Legambiente: le storie e i numeri della criminalità ambientale

inquinamentoAumentano gli arresti (+ 43%, da 221 nel 2008 agli attuali 316) e gli illeciti accertati (28.576 oggi, 25.776 lo scorso anno) pari a 78 reati al giorno, cioè più di 3 l’ora. Aumentano del 33,4% le persone denunciate (da 21.336 a 28.472) e dell’11% i sequestri effettuati (da 9.676 a 10.737).
Nello specifico, si registra una decisa impennata di infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti (da 3.911 nel 2008 a 5.217 nel 2009), e un leggero calo nel ciclo del cemento (da 7.499 a 7.463), crescono i reati contro la fauna (+58% ) e i diversi reati contro l’ambiente marino e costiero. Stabile l’immenso giro d’affari, anche quest’anno, nonostante l’inasprirsi della crisi economica, pari a 20,5 miliardi di euro.
Questi, in sintesi, i numeri della straordinaria attività svolta anche nel 2009 da tutte le Forze dell’ordine e di Polizia giudiziaria impegnate nelle indagini contro i reati ambientali (Comando tutela ambiente e tutela patrimonio culturale dell’Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza, Corpi forestali regionali, Polizia di Stato, Direzione investigativa Antimafia, Agenzia delle Dogane, Capitanerie di Porto e Polizia Provinciale) raccolti ed elaborati nel dossier Ecomafia 2010 di Legambiente, presentato oggi.

L’azione di contrasto messa in campo dalle Forze dell’ordine – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri – deve essere sostenuta concretamente dal Governo con la disposizioni di nuovi efficaci strumenti. Introducendo finalmente (entro la fine del 2010) i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale e consentendo l’uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali nelle indagini, ma anche mettendo mano alle situazioni di pericolo più grave, quali le aree inquinate da bonificare e gli edifici e le opere pubbliche a rischio calcestruzzo depotenziato da monitorare e mettere subito in sicurezza”.

Nella classifica sull’illegalità ambientale del 2009, anno a cui si riferiscono i dati, il Lazio saleimmondizia al secondo posto (era al quinto nel 2008), soprattutto per i reati contro il patrimonio faunistico, mentre il suo territorio è sempre più esposto alle infiltrazioni dei clan, in particolare nel Sud pontino. Al primo posto stabile la Campania con 4.874 infrazioni accertate (il 17% sul totale nazionale). Al terzo posto la Calabria, con 2.898 infrazioni seguita dalla Puglia con 2.674 infrazioni. Scende di due posizioni la Sicilia, al quinto posto con 2.520 infrazioni accertate, mentre la Liguria si conferma come lo scorso anno, quale prima regione del Nord Italia con il maggior numero di reati: 1.231.

Con oltre 20,5 miliardi di euro di fatturato, l’ecomafia si conferma come una holding solida e potente: ciclo dei rifiuti, ciclo del cemento, racket degli animali e zoomafie In più, vanno aggiunti ambiti in cui mancano dati abbastanza certi: ciclo dei rifiuti pericolosi e traffico di opere d’arte e reperti archeologici. Il fatturato, dunque, è sicuramente più basso del reale.

Il primo dato da segnalare per il ciclo del cemento è quello relativo al mancato ridimensionamento del fenomeno dell’abusivismo a causa della crisi economica. Secondo le stime Cresme Consulting, se il settore legale delle costruzioni ha vissuto un sostanzioso calo delle abitazioni ultimate (dalle 316mila del 2008 alle 280mila del 2009), la parte illegale ha visto una diminuzione di sole mille abitazioni, passando da 28mila abitazioni abusive del 2008 alle attuali 27mila. Come dire che i tracciati dell’industria delle costruzioni legale e di quella illegale sono ampiamente separati e vivono di vita propria. L’abusivismo organizzato opera in nero in tutta la sua filiera (acquisto materiali, manodopera, utilizzazione del bene ecc.), selezionando le occasioni migliori e a maggior valore aggiunto quali ville costiere, cascine in aree naturalisticamente pregiate, ecc. Nel complesso, 7.463 sono state le infrazioni accertate, 9.784 le denunce e 2.832 sequestri. Più che triplicato, invece, il numero degli arresti, che raggiunge quota 13.
Altro capitolo inquietante, quello del calcestruzzo depotenziato. Strade, ponti, viadotti, ferrovie, gallerie, case, centri commerciali e perfino scuole, ospedali e commissariati. Tutti a rischio crollo perché tirati su con cemento di pessima qualità. Un business molto redditizio per i clan che praticamente controllano tutto il ciclo del cemento del Paese e per questo si aggiudicano appalti nazionali e locali per costruire opere pubbliche e private: gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, l’ormai famoso Ospedale San Giovanni di Dio ad Agrigento e perfino per il Commissariato di Polizia di Catelvetrano (Tp); per il Palazzo di giustizia di Gela, etcetera. Ma il fenomeno del cemento depotenziato si estende a molte altre regioni: le scuole Maresca di Locri e quella di Tropea in Calabria; il viadotto Fallaco-Corace, nel cavalcavia della nuovissima ferrovia Catanzaro-Lamezia; in Molise per la variante Anas di Venafro, primo lotto della Termoli-San Vittore; nel vicentino nei lotti 9 e 14 dell’autostrada A31 Valdastico e poi per i lavori sull’autostrada A3. In Campania la camorra impone materiale scadente e rifornisce multinazionali che costruiscono parcheggi e imprese impegnate nella costruzione di case abusive sulla collina di Camaldoli. E purtroppo ci potrebbe essere una brutta storia di calcestruzzo depotenziato anche dietro al crollo della casa dello studente dell’Aquila.

L’ecomafia, nell’analisi del 2010 si conferma sempre più come fenomeno globale. L’Organizzazione mondiale delle Dogane ha attivato però nuove e più sinergiche alleanze tra agenzie che hanno portato nel 2009 al sequestro, solo in Italia, di ben 7.400 tonnellate di rifiuti. Tra le operazioni principali, la Demeter, che ha coinvolto le autorità doganali di ben 64 paesi europei, africani e del Sud Est asiatico, portando al sequestro di più di 30.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, costituiti principalmente da plastica, carta, rottami ferrosi e rifiuti elettrici ed elettronici.
I paesi in via di sviluppo infatti, mancando di procedure appropriate, divengono mete preferite di smaltimento da parte delle organizzazioni criminali. In Asia per esempio, avvengono le operazioni di smaltimento delle navi, spesso provenienti dall’Europa. Il basso costo della manodopera fa aumentare il valore del metallo che si ricava dallo smantellamento a tutto vantaggio dei proprietari delle navi. Secondo i dati della Commissione europea, centinaia di lavoratori rimangono uccisi o feriti in Bangladesh, India e Pakistan, mentre l’amianto, i policlorobifenili e i fanghi di petrolio che fuoriescono dalle imbarcazioni danneggiando l’ambiente. Per contrastare questo scempio, l’Ue sta finanziando un progetto di ricerca denominato Divest, che coordina il lavoro di ricercatori e industrie di nove paesi.
In attesa dei risultati, l’Italia fa la sua pessima figura. Secondo il Global Agenda Council on Illicit Trade, nel “G5 della criminalità” l’Italia è in testa. Abbiamo la mafia più potente e, per volume d’affari dell’economia criminale, siamo il secondo mercato del pianeta, dopo gli Usa e prima del Giappone e della Cina. Nella classifica delle grandi mafie globali, quelle italiane prese nel loro complesso sono al primo posto.

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Pubblicato il 04 Giugno 2010
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