Il Giro visto dal basso (con la B minuscola)
Dario Andriotto, il veterano del pedale varesino, ha concluso per la nona volta la corsa rosa su undici partecipazioni. «Un'edizione emozionante, anche per chi come noi fa una gara opposta ai big»
Ivan Basso, ormai lo sanno tutti, ha vinto il Giro d’Italia 2010 mettendo in fila fior di campioni: da Evans a Nibali, da Scarponi a Vinokourov. Stefano Garzelli pur ritirandosi nella penultima tappa ha fatto sua una delle frazioni più belle, la cronoscalata di Plan de Corones. Ma il conto dei varesini non finisce qui: al 132° posto infatti c’è un piazzamento speciale da evidenziare. È quello di Dario Andriotto, il veterano del pedale varesino, che ha portato a termine il Giro per la nona volta su undici partecipazioni. Una partecipazione, come sempre, senza troppi lustrini ma con tanto lavoro nelle retrovie: panni da gregario che il "Drugo" conosce bene ma che a fine stagione smetterà dopo una carriera che gli ha dato anche belle soddisfazioni (tra le altre la maglia di campione italiano a cronometro nel 1997.
Dario, che Giro è stato questo 2010?
«Per il pubblico è stato davvero ottimo ed emozionante. Visto dall’interno del gruppo mi è sembrato più simile al Tour perché fin dalle prime tappe c’è stata lotta per rimanere in testa al plotone, sono partite diverse fughe e le medie in pianura sono state molto alte. Solo che in Francia nella prima settimana è quasi tutta pianura: qui invece le salite abbondano e rendono tutto più difficile. Inoltre nel finale le montagne sono più ripide che al Tour, quindi la fatica è stata davvero tanta».
In una situazione del genere, qual è stato il suo compito?
«Soprattutto nei tratti pianeggianti ho lavorato per proteggere Stefano Garzelli, che è il mio capitano e che ha corso per fare classifica fino al giorno di crisi sul Monte Grappa. Non è stato facile, soprattutto in Olanda, per via del vento, ma alla fine il lavoro è riuscito».
Alla fine qual è il bilancio dell’Acqua&Sapone, la vostra squadra.
«Comunque molto buono perché il Garzo è riuscito a vincere una delle tappe più ambite, quella in salita a Plan de Corones. Per noi è stata una giornata molto importante anche se un pizzico di rammarico per la classifica mancata resta. Chissà: Stefano era già in forma alla Tirreno-Adriatico dove ha vinto: qui è arrivato comunque in condizione ma magari aveva già speso qualche energia».
Ci tolga una curiosità: come si vive la lotta per la maglia rosa dal fondo del plotone?
«Io dico sempre che il Giro d’Italia prevede due corse differenti: quella dei grandi e quella di coloro che, come me, lottano contro il tempo massimo dopo aver svolto il proprio lavoro per i capitani. Quest’anno la sfida per la classifica è stata molto bella da vedere ed è un’emozione anche per noi osservare le mosse, gli sguardi, gli scatti che danno vita alla storia del Giro».
Alla fine a noi varesini è andata bene: Basso ce l’ha fatta. Cosa ne dice?
«Prima del via, onestamente, non pensavo Ivan sarebbe riuscito ad arrivare in rosa a Verona: al Trentino e al Romandia non aveva billato e sembrava faticasse. Invece ha fatto la scelta giusta con una preparazione tutta in funzione del Giro e ha avuto ragione. Con questo successo Ivan ha dimostrato a tutti il suo valore, ha fatto capire che è un grande campione senza ombra di dubbio; ho parlato con lui e giustamente è molto contento. Se lo merita».
Dopo il Giro, dove vedremo correre Andriotto?
«Ora mi faccio qualche giorno di riposo, direi che me lo merito. Tornerò in corsa al Giro di Slovenia dal 17 giugno mentre domenica 6 sarò alla Gran Fondo di Grosseto che è sponsorizzata dall’Acqua&Sapone. Poi mi sono tenuto libero per domenica 13 ma il ciclismo non c’entra: sarò al Franco Ossola per sostenere il Varese. Possiamo farcela».
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