Non mandate Luna e le altre al macello
Tre cavalle "disturbano" nel paesino di Armio a 900 m slm in Val Veddasca e, a causa dell'applicazione di un'ordinanza sindacale, rischiano di essere macellate nei prossimi giorni (Luna è la cavalla a destra)
Tre cavalle ‘disturbano’ nel paesino di Armio a 900 metri in Val Veddasca e, a causa dell’applicazione di un’ordinanza sindacale, rischiano di finire a macello nei prossimi giorni. E pensare che per il branco del Bisbino (CO) veramente brado (dopo essere stato per anni senza custodia dopo la morte del proprietario) si sono mobilitati abitanti e associazioni e sono rimasti liberi, nutriti in inverno e riveriti (nella vicina Val d’Intelvi).
Sabato all’Azienda Pian Du Lares in Val Veddasca (la parte più montuosa della provincia di Varese, siamo a 1.200 m) ho assistito ad un vero e proprio rodeo con una cavalla che si impennava e non ne voleva sapere di entrare in una stalla. La situazione sembrava drammatica: la cavalla si era già ferita (al muso) e avrebbe potuto farsi male seriamente o far del male seriamente alle persone che cercavano di contenerla. La bestia pareva ‘impazzita’. In realtà non lo era.
Per capire il terrore che attanagliava Luna (questo il nome della cavalla) all’idea in entrare in una stalla bisogna conoscere cosa è successo e cosa rischia di succedere all’Azienda Pian du Lares. Quello che rischia di succedere a Luna, la capo (sotto)branco e alle due sue giovani compagne è presto detto: finire al macello. Luna è la "vecchia" (anche se ha solo 5 anni) e la più docile ed è stata rinchiusa per facilitare la cattura delle altre due (più selvatiche). Non vedendo la loro "capa" le altre dovrebbero venire a cercarla, cadendo nella trappola. Questo, almeno, è quanto sperano Desiderio Carraro, titolare dell’azienda, il suo collega ed amico Mario Alberti e la moglie di quest’ultimo Patrizia (anche Mario e Patrizia hanno cavalli). Le due aziende collaborano in molti modi e Luna era stata adottata’da Patrizia quando la madre era morta prematuramente per un tumore all’intestino e non avava potuto allattare la figlia. Svezzata da Patrizia, e poi adottata dal branco, Luna era una cavalla particolarmente cara a tutti. Ora, a 5 anni, da ‘orfanella’ è divenuta a sua volta una capo-branco ma è ancora una ‘mascotte’. E’ stato grazie alla famigliarità e alla confidenza con la cavalla che Patrizia, tenendola docilmente per la cavezza, l’ha condotta quasi sulla soglia della stalla. Poi, però, è successo il pandemonio. E alla fine Patrizia piangeva, non per il dolore alla mano (segata dalla cavezza) ma per il rimorso, per aver tradito la sua figlia adottiva, per averla portata in trappola.
Ma perché bisogna macellare ‘Luna e le altre’?
Va precisato che le cavalle sono sanissime e che i loro proprietari non si sognavano lontanamente di mandarle al macello. Giovani e sane avevano una lunga carriera di fattrici davanti a loro, da vivere in montagna, libere. E allora perché?
Perché "disturbano". Ovvero si prendono la libertà, di tanto in tanto, di fare una capatina nel sottostante paesino di Armio (900 m e sede comunale del comune montano di Veddasca). Non è che facciano danni: mangiano qualche fiore (ma niente orti danneggiati o roba seria) e lasciano qualche "ricordino" (cacche). Un tempo la gente correva a raccogliere il prezioso concime, oggi non lo sopporta. Mentre erano ancora in svolgimento le operazioni per ‘tirare’ letteralmente Luna nella stalla, un giovane collaboratore dell’azienda si lascia andare ad una considerazione un po’ tagliente «c’è gente che è nata e cresciuta con i maiali in casa, adesso fanno tante storie». Niente di nuovo. Mi è stato sempre riferito da tutti gli allevatori con problemi di vicinato (‘la stalla da fastidio’, ‘c’è ‘puzza’) che il grado di intolleranza verso gli animali agricoli è più forte nelle persone che avevano essi stessi animali in tempi non lontani. Pare una legge.
Il fatto è che ad Armio tra coloro poco tolleranti e che protestano per la presenza dei cavalli vi è anche chi telefona al sindaco a mezzanotte. E così, il primo cittadino, stufo di queste fastidiose proteste, dopo aspra discussione in consiglio comunale (spaccato) richiama al rispetto di un’ordinanza del sindaco precedente che citando le "calamità" provocate dai cavalli e le norme sulla sorveglianza e custodia degli animali ecc. ecc. intima di tenersi i cavalli … a casa.
Ma tenerli confinati non è possibile perché non sono abituati e perché tutta la logica economica e ecologica dell’allevamento si basa sul pascolo estensivo, "libero". Siamo a 1.200 m e i pascoli sono per lo siti più a quote più elevate; sono pascoli magri. Impossibile pensare di suddividerli in lotti delimitati da fili elettrici (tra l’altro, a differenza, dei bovini, per i cavalli servono recinzioni più alte e con più fili/fettucce elettriche).
Quindi,se il comune insiste, non ci sono alternative al macello .
Chiariamo un po’ le cose
I cavalli dell’Azienda Pian du Lares non sono bradi. In inverno scendono presso la stalla e ricevono il fieno. Però nella stalla non sono mai entrati in vita loro. Nati e cresciuti plain air. Naturale che siano presi dal terrore di entrare in un antro misterioso dove attende chissà quale insidia. Sono comunque cavalli controllati continuamente. La loro presenza , insieme a quella del branco dell’azienda del già citato Mario Alberti che si trova al vicino Lago Delio, fa parte del paesaggio. Sono cavalli conosciutissimi a turisti ed escursionisti che si lasciano docilmente fotografare. Non sono certo pericolosi.
È poi incredibile che tante proteste si levino contro i cavalli quando il paese, come gli altri della valle, vive sotto assedio da parte dei cervi e dei cinghiali, che di danni ne fanno eccome.
Paradossi intollerabili: i cavalli del Bisbino inselvatichiti, coccolati e riveriti, quelli della Val Veddasca condannati a morte
Vale la pena richiamare la vicenda dei "cavalli bradi del Bisbino". Sul Monte Bisbino, che sovrasta Cernobbio, (grosso centro sul Lario, limitrofo al capoluogo), per anni si è trascinata la vicenda di un branco di cavalli che, dopo la morte del proprietario, erano rimasti ‘bradi’. In estate non davano fastidio a nessuno, ma in inverno scendevano nel paese di Rovenna dove arrivavano a mangiare persino i fiori del cimitero e dove si registrava anche qualche danno alle auto in sosta. Nonostante il disturbo, ben più forte di quello che si registra ad Armio, il paese si è opposto all’idea di deportare i cavalli in centri ippici (l’idea di abbatterli poi si è scontrata contro un muro). In ciò gli abitanti sono stati sostenuti dalla mobiltazione delle associazioni animaliste, ambientaliste e ippofile. E’ stato scomodato anche il noto etologo Giorgio Celli per un parere. Alla fine, considerato che i cavalli erano ormai selvatici e che quindi non potevano certo finire in un ‘centro ippico’, s ‘è deciso di tenerli in estate sulle ‘loro montagne’ in un’area limitrofa in Val d’Intelvi . La mobilitazione a sostegno dei cavalli del Bisbino ha comportato anche la creazione di una apposita ONLUS Cavalli del Bisbino. Tutta l’operarazione di trasferimento conclusasi all’inizio di giugno di quest’anno è stata condotta dall’associazione ippoambientalista Giacche Verdi Lombardia. I cavalli del Bisbino (ora del Generoso) resteranno ‘liberi’.
E i cavalli della Veddasca che fine faranno? Non sono abbastanza selvaggi, non sono allo stato natutrale, sono allevati per la carne. Hanno un padrone. Non fanno parte di una bella favola che aiuta a rimuovere i sensi di colpa per come alleviamo e mangiamo gli animali e per come distruggiamo gli ecosistemi. Insomma non sono cavalli-Panda.
Però in Veddasca i cavalli vivono liberi e la carne è prodotta solo con l’erba di pascolo e un po’ di fieno, senza inquinare e tenere animali in fabbriche della carne. Grazie alla presenza dei cavalli della Veddasca molte superfici rimangono net (pulite) con vantaggi ambientali e paesistici. Secondo modelli sostenibili, non da favola.
Ora vediamo se animalisti, ambientalisti, ippologi faranno qualcosa per salvare dal macello "Luna e le altre".
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