“Quel giorno ho applaudito. Un reduce mi biasimò”
Angioletto Castiglioni il giorno della dichiarazione di guerra aveva 17 anni
«Il 10 giugno 1940 avevo diciassette anni. Chi poteva in camicia nera o in divisa, tutti fummo convocati dalle autorità sul viale della Gloria, dove oggi c’è l’incrocio di via XX Settembre e l’ex Comit, allora c’era un grande spiazzo. E lì, dagli altoparlanti che un negoziante di apparecchi radio di via Milano aveva piazzato, ascoltammo la voce di Mussolini che annunciava l’entrata in guerra». A raccontare è Angioletto Castiglioni, 87enne ex partigiano e deportato nei lager nazisti, custode del Tempio civico di Sant’Anna di Busto Arsizio e di tante memorie dolorose della guerra, ma anche del lungo silenzio di chi, tornato dall’jnferno, non veniva capito. «Eravamo in pieno regime fascista» racconta, «e la cultura del fascismo prevedeva l’esaltazione della patria e la sua espansione territoriale». Anche con le armi, soprattutto con le armi. «Quel giorno era state fermate anche le fabbriche un’ora prima del discorso di Mussolini, che venne nel primo pomeriggio. Erano già arrivate delle cartoline precetto, si pensava tutti ad una guerra breve, diversa dai bagni di sangue in trincea della Prima guerra mondiale, le armi erano diverse anche se avremmo scoperto da soldati che molto era rimasto uguale. Nella mia ingenuità di ragazzino, quel 10 giugno accolsi con fervore la dichiarazione di guerra, anch’io applaudivo convinto. Alle mie spalle un signore che non dimenticherò mai mi mise una mano sulla spalla. Poverino, mi disse, batti, batti le mani, poi vedrai che cos’è la guerra. Era un reduce del ’15-’18». Che a modo suo la sapeva lunga: «perché con la guerra sarebbero seguiti povertà, arruolamenti, razionamento, bombardamenti – con la gente che si arrampicava sui tetti a vedere Milano che bruciava, come fossero fuochi d’artificio».
Fino allo sfacelo e alla disfatta del 1943 e allo scatto d’orgoglio che fece di tanti ragazzi come Angioletto, cresciuti nel fascismo di regime che non ammetteva opposizioni e tutto dominava con la sua propaganda, scuola inclusa, i partigiani, i portabandiera dell’Italia nuova.
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