Tutti assolti i ragazzi del rave party
Accuse troppo generiche per 114 imputati, denunciati in massa all'epoca dai carabinieri.
Denunciati in massa dai carabinieri, assolti in massa dal giudice. Morale: non si può identificare a mucchi la gente che esce da un rave party (quello di Caldè, nell’estate del 2006), ed arrivare a un processo con accuse che reggano al dibattimento. Non almeno se mancano contestazioni specifiche che distinguano le singole posizioni di ognuno degli imputati, o in mancanza del cosiddetto elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza che si stia commettendo un reato, in questo caso l’occupazione di suolo privato o addirittura quella di suolo pubblico (perché la spiaggetta di Caldè è di proprietà del demanio, anche se nessuno ne aveva mai fatto motivo di denuncia penale). Il processo è stato praticamente stoppato, è stato applicato l’articolo 129 del codice di procedura penale, poichè l’accusa ha accertato la non punibilità della condotta degli imputati.
Il giudice del tribunale di Varese, Anna Giorgetti, ha stabilito che tutti i 114 imputati che, presumibilmente, parteciparono nel 2006 a un rave party illegale a Caldè, nella zona della fornace, sono innocenti perché il fatto non costituisce reato.
Ci sono voluti quattro anni di inchiesta e tre maxiudienze, con valanghe di notifiche, qualche rinvio, lo stralcio di alcune posizioni per chi era stato anche pizzicato con alcuni grammi di sostanza stupefacente. E dire che si trattava dell’unico maxiprocesso degli ultimi anni in tribunale a Varese, istruito dopo una operazione dei carabinieri di Luino che quella notte aveva fermato decine di ragazzi, tutti nel parcheggio esterno o nelle vie limitrofe al luogo della festa.
Una circostanza su cui i difensori erano già pronti a dare battaglia (secondo gli avvocati c’era anche una commessa che stava andando al lavoro e fu identificata al bar) così come per molti legali non esistevano prove che i ragazzi fossero andati in quel luogo consapevoli del fatto che stavano violando una proprietà a discapito del prioritario. Stesso discorso per chi ha avuto come contestazione l’aver camminato sulla spiaggetta, dove da sempre la gente del luogo ve a prendere il sole d’estate. Un avvocato aveva persino pensato di portare come prova una cartolina che mostrava bagnanti in quel luogo.
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