“Non ci sono parole”, solo lacrime
L'ultimo saluto a Fadel Yabre, insieme stranieri e italiani, amici e conoscenti, un sindaco dalla voce spezzata e una famiglia distrutta, a pochi mesi dalla morte del fratellino Mohamed
«Confesso che non so cosa dire. Le parole, in queste circostanze, servono a poco. Posso solo esprimere il mio cordoglio,e promettere tutta la vicinanza dell’amministrazione comunale». È il sindaco di Malgesso Luigi Franzetti a parlare, la voce spezzata, per la seconda volta nel suo municipio davanti alla bara di un giovanissimo, Fadel Yabre. Stessa lontana terra d’origine, il Burkina Faso, ex Alto Volta, stessa famiglia, e questo è davvero l’elemento più tragico, una sventura difficile da credere, e ancor più da raccontare, e impossibile da sopportare nella sua enormità. Attorno alla bara, un muro di dolore. Quello delle donne, bisogna vederlo per crederci. Tragedia su tragedia, e le lacrime uguali in tutte le culture. Prima delle cerimonia civile delle 16, a lungo risuonano i lamenti, le letture dal sacro Corano, le parole i riti tradizionali di un addio secondo il rito musulmano. Gli "autoctoni" italiani, rispettosamente fuori, non oltre la soglia. Le parole non si capiscono, il dolore sì. Sono in tanti a seguire, neri e non; quasi nessuno di Malgesso, convocati tramite contatti e conoscenze, è una comunità dispersa che si rinisce per piangere insieme. È l’abbraccio delle donne che colpisce, ogni madre, ogni sorella, ogni moglie colpita come se Fadel fosse stato suo. Indosso, gli abiti più belli: la morte ha tutti i colori della vita. Fuori, nella calura impietosa, la natura grida il suo trionfo: gli uccelli cantano, ogni stelo d’erba è teso al cielo, il grano maturo. Fadel non c’è più, c’è solo la sua spoglia mortale rceuperata pietosamente dal fondo del Verbano. Come non c’è più il fratellino Mohamed, falciato da un’auto a pochi metri dal municipio, mentre inseguiva il suo bene più prezioso, il pallone, sotto la casa in cui la famiglia – mamma, papà, la sorellina Mimì, 13 anni, vive da quattro anni.
C’è persino il console onorario del Burkina Faso in Lombardia, Michele Gandini De Vecchi. Si occupa di una comunità di circa seimila persone, con qualche difficoltà perchè l’Italia, in Burkina Faso, non ha un’ambasciata, ma solo un consolato, e si deve passare per la Costa d’Avorio. Anche a lui mancano le parole. «La morte di un figlio è innaturale, quella di due è un dolore troppo grande per chiunque».
Fuori, tra i tanti che non trovano posto nella piccola sala municipale, che rispettosamente lasciano spazio ad amici e parenti, ci sono anche i ragazzi e gli animatori dell’oratorio che Fadel, pur non cristiano, frequentava. «Giocava con il Csi Malgesso» ricorda la coordinatrice, la signora Rosalba, «un ragazzo tranquillo, sempre sorridente, vivace come tutti i ragazzi della sua età». E sono i conflitti e la voglia di libertà dell’adolescenza che un ricordo letto in sala richiama. «Rincorrevi i sogni dei tuoi 17 anni, ansiosamente li hai preceduti, anche in riva al lago, ignaro del pericolo che attende chi come te si sente già uomo, ma è solo un ragazzo che ha bisogno di affetto e aiuto. Volevi la tua libertà, l’avevi detto, vivere senza che ci fosse nessuno di mezzo, nemmeno i genitori. Stufi delle tue assenze ingiustificate, volevano riportarti in patria; tu non volevi, parlavamo di un lavoro per quando fossi tornato. Non c’è stato tempo, non ti abbiamo più».
Il Comune ha anche attivato un conto apposito per sottoscrivere donazioni in favore degli Yabre. Il conto è presso la Banca BPB 167 Besozzo 1, codice Iban IT 29 D 05428 50021 000000000659.
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