Processo ospedale, tutti assolti
In aula tutti gli imputati principali del processo sugli appalti del reparto infettivi della struttura varesina, tra cui gli ex direttori generali delll'ospedale Carlo Lucchina e Roberto Rotasperti
Carlo Lucchina, ex direttore generale dell’ospedale di Varese e attuale direttore della sanità lombarda, è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio, falso e truffa, in merito alla costruzione del reparti infettivi dell’ospedale di Varese. Con lui, il tribunale, presieduto dal giudice Orazio Muscato, ha assolto anche tutti gli altri imputati: il direttore generale dell’ospedale di Varese che nel 2003 subentrò a Lucchina, Roberto Rotasperti, i direttore amministrativi Mario Noschese e Sergio Tadiello, il direttore dei lavori Paolo Ciotti, e via via gli altri tecnici delle imprese coinvolte, oltre a Fabrizio Russello, il titolare della ditta di Gela che era stata accusata di aver beneficiato di un appalto gonfiato.
Il tribunale ha stabilito che, in ordine ai due capi di imputazione per abuso d’ufficio, il fatto non costituisce reato. In tutti gli altri casi, è stata indicata la formula del "fatto non sussiste". Carlo Lucchina e gli altri manager escono vincitori da cinque anni di battaglia legale, tra indagini e dibattimento. Va ricordato che il procedimento comprendeva inizialmente anche l’aggravante per aver favorito un’impresa infiltrata dalla mafia. Russello era stato tuttavia assolto per ben due volte dalle accuse mafiose, e il pm dell’antimafia di Milano Claudio Gittardi aveva infine rinunciato a contestare l’aggravante, mantenendo però intatta l’ipotesi accusatoria che riteneva Lucchina e gli altri, responsabili di aver dato corso a una delibera illegale che avrebbe favorito l’impresa siciliana.
Il tribunale ha dato ragione alle difese, che al processo hanno raccontato un’altra realtà dei fatti. Da un lato, non è stato mai dimostrato perché i manager avrebbero dovuto favorire la ditta Russello e dall’altro gli aumenti di costo non erano poi così fuori mercato come l’accusa sosteneva;: in fondo il lavoro era stato realizzato e l’ospedale aveva evitato che si bloccasse tutto.
«Il risultato è lì da vedere – dice oggi Lucchina – e se lo confrontate con altri reparti in condizioni difficili come quello della psichiatria dico che sono orgoglioso di aver mandato avanti quel progetto di cui oggi la città di Varese può beneficiare».
Lucchina esce dal processo con un risultato netto e ricorda innanzitutto la sofferenza patita. «Sono stati cinque anni difficili, io ho fatto tutto secondo coscienza ma ho pagato un prezzo alto, questo è indubbio» confessa. E poi un pensiero «alla mia famiglia e a quei pazienti che hanno potuto essere curati in quel reparto».
L’altro direttore generale, Roberto Rotasperti, vuole replicare alle accuse del processo. «I giudici hanno avuto coraggio e hanno smantellato un teorema – dice – questo processo è nato perché il fratello del titolare della ditta lo denunciò, ma invece di indagare su quella faida familiare, si indagò su di noi. Abbiamo subìto cinque anni di vessazioni solo perché un tecnico tardò a mandare la documentazione di quella variante, ma lo fece solo perché bisognava quel progetto con quello del nuovo ospedale che stavamo costruendo».
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