Un’associazione per salvare l’amico lago
L'hanno costituita i comuni per salvare lo specchio d'acqua varesino. Marsico: «Non dobbiamo accettare l'idea che non ci sia più nulla da fare»
«A quel lago vogliamo tanto bene da essere quasi riusciti ad abbracciarlo. Il problema è che negli anni lo abbiamo forse abbracciato troppo, da farlo soffocare». La lettera di Antonino Vanoni, all’inizio del dibattito di Galliate Lombardo sul futuro del Lago di Varese, è in realtà un appello accorato per difendere un vecchio amico. Chiamato "lago" negli anni passati, diventato "risorsa", da sfruttare, in quelli successivi e divenuto poi "problema" negli ultimi. Il lago intanto è sempre rimasto a guardare «le sue sponde – come scrive Vanoni – hanno subito di tutto» e ora sono i molti a rimpiangere ciò che era prima. Tornare indietro in ogni caso non si può, si può invece scegliere se lasciarlo in queste condizioni oppure cercare di guarirlo. «Noi le speranze non le abbiamo perse – ha detto il sindaco di Galliate, Carlo Tibiletti -. Con gli altri rappresentanti dei comuni delle sue rive ci siamo riuniti più volte nei mesi scorsi a Gavirate. Sono emersi molti problemi, qualche proposta e soprattutto abbiamo capito che da soli possiamo fare molto poco. Così la decisione di unirci e costituire un’associazione dei comuni, proprio al fine di salvare questo nostro lago».
Gli obiettivi di questo nuovo soggetto sono diversi: collaborare con la Provincia di Varese, monitorare la condizione delle acque, realizzare una banca dati, risolvere i problemi degli scarichi fognari, rimettere a norma gli impianti che non funzionano correttamente e molto altro, tra cui anche indicare nuove vie per il recupero. Queste ultime dovranno fare i conti con non pochi problemi, come ha spiegato Carlo Marchi, rappresentante dell’Osservatorio del lago: «Abbiamo un peccato originale: qui si continua a inquinare. In modi diversi. Molti comuni, ad esempio, non hanno fatto ancora la separazione tra le acque chiare e quelle scure e quando piove il collettore si riempie generando un problema che non dovrebbe esistere. Si creano delle acque che possiamo chiamare "grigie" che il depuratore non riesce a pulire, poiché è fatto per reagire alle acque scure. Insomma, le questioni da risolvere sono diverse ma ci sono anche delle strade alternative da percorrere: per questo nasce l’associazione e lancio l’invito a tutti coloro che amano il lago a partecipare. Alla politica chiederemo di sostenere il progetto dei comuni e di trovare i fondi per far sì che queste idee non rimangano solo sulla carta». Tra le alternative di cui parla Marchi ci sono anche dei buoni esempi messi in atto per salvare altri specchi d’acqua in Italia, simili per condizioni, dimensione e inquinamento a quello di Varese. È il caso del Lago di Avigliana, nel Torinese, del quale ha parlato Fabrizio Merati, dello studio idrogeologico Lombardo che ha però puntualizzato: «gli interventi di recupero possono funzionare solo dal momento in cui tutti i dispositivi siano stati attivati per evitare nuovi danni alle acque». In altre parole: il primo passo per salvare il lago e smettere di inquinarlo e su questo, seppur ancora non accade, sembrano essere d’accordo tutti.
«Sono un uomo di lago e non ho mai accettato l’idea che quello di Varese fosse da trattare come un malato terminale – ha commentato l’assessore provinciale all’ambiente, Luca Marsico -. Per questo fin dall’inizio del mio mandato mi sono interessato alle sue condizioni e ho scelto di dare il via alla sperimentazione Phoslock, una cura australiana che sembra dare buoni risultati. Ho chiesto però a chi collabora con l’assessorato di condividere un principio: non accettare la morte del lago di Varese. Questo, voglio precisare, non è "accanimento terapeutico" ma la responsabilità nei confronti di una ricchezza senza prezzo». Anche l’Università dell’Insubria da tempo concentra le sue attenzioni sullo stato dello specchio d’acqua e in particolare sulle specie animali che lo abitano, autoctone e non. Ne ha parlato il professor Saroglia che ha presentato i progetti di ricerca e di recupero delle specie locali che l’ateneo sta portando avanti da tempo e con grandi risultati. Proprio queste ultime, se finanziate, potrebbero davvero contribuire a proteggere "i nostri pesci" e risolvere molti dei problemi che questo sfortunato lago deve sopportare.
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