Alla scoperta del sud-est asiatico: lungo il lago Inle
Stefano Marcora "ci accompagna " lungo sulle rive di uno specchio d'acqua nel cuore della Birmania
Quarta "tappa" del "blogger di viaggio" bustocco Stefano Marcora alla scoperta della Birmania segreta, stavolta lungo un lago
Sono in strada dopo aver ricevuto le informazioni. Non ho bene capito quanti chilometri dista il villaggio di Kaung Daing ma non e’ troppo importante. Attraverso il ponte del canale che conduce al lago Inle; sotto sciamano un’infinita’ di barche di legno dal profilo sottile contenenti persone, ceste di pomodori, verdi ortaggi, canne e altro ancora. Per sicurezza chiedo se la strada che sto prendendo e’ corretta ma non vengo capito; dopo tre tentativi di modifica del tono\accento, la mia destinazione viene compresa. Il percorso di terra battuta e’ puntellato due file alberate di eucalipti. Ho voglia di camminare con questa temperatura accettabile e sotto un cielo nuvoloso.
Il paesaggio rurale mi scorre dentro lentamente, in modo che possa assaporarlo meglio: palafitte sull’acqua delle risaie, pagode dorate e monasteri di scuro legno tropicale, ragazzini che si recano al pozzo per prelevare l’acqua, gruppi di cani e mucche in libera esplorazione. E poi moto, bici, vecchi trattori e molti altri camminatori. Quasi tutti salutano. Potrei entrare in uno degli stretti sentieri laterali per perdermi nel verde infinito.
Dopo circa un’ora raggiungo la strada semiasfaltata che costeggia il lago. Un intraprendente mototaxista mi informa che che mancano ancora diversi chilometri alla destinazione, offrendomi il viaggio per pochi minuti. No, andiamo con le proprie gambe! Forse il fine e’ precisato nel cammino attraverso questi luoghi. Le ciabatte infradito vanno veloci sull’erba corta del bordo della carreggiata, passando vicino a cespugli e fiori spontanei.
Camminando si intessono significative relazioni, interazioni leggere con le persone e l’ambiente. Le donne che trasportano pesi sulla testa, i bambini che si recano a scuola, i monaci che chiedono pazientemente l’elemosina, gli uomini nei campi, capiscono chi sceglie -anche per poche ore- la loro stessa mobilita’. Un movimento economico, antico, costruito sulla fatica e la lentezza, capace di osservare, di immergersi, di approssimarsi. Piu’ il muoversi affonda nello sforzo, piu’ la posta su se stessi incrementa, concedendo maggior godimento al proprio io. Cammino e consumo la terra cosi’ vicina ai piedi, consumando contemporaneamente il corpo, introiettando particelle di polvere, eppure sono convinto che da qui si veda veramente la strada, conoscendola, toccandola. Mentre il fisico cede energia causa il moto, la mente respira il paesaggio con le colline tappezzate e il grande lago. Queste genti sono cosi’ in sintonia con l’ambiente lacuale fino a realizzare una moltitudine di orti galleggianti coltivabili dalla barca. Un sole tenue filtra nella rete nuvolosa, aumentando la temperatura. Ancora qualche decina di minuti e riesco a vedere il villaggio di Kaung Daing incuneato nel lago Inle. Mi fermo davanti ad una casa per ricevere conferma. Si’, sono arrivato.
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