Frontalieri come ratti: nuova campagna contro gli stranieri
Dai cartelloni a Facebook una nuova e aggressiva presa di posizione contro i lavoratori di Como, Varese e Novara. Sarebbero i "topi" che si arricchiscono sulle spalle dei ticinesi
I frontalieri e gli immigrati come ratti, come invasori. È una campagna durissima quella lanciata oggi (con Facebook e cartelloni nelle strade) e che prende di mira i lavoratori stranieri in Canton Ticino. I "nemici" sono rappresentati come tre toponi pronti a saccheggiare borse di "formaggio" svizzero e sarebbero essenzialmente di tre tipi: il Fabrizio, piastrellista di Verbania che lavora in Ticino, il Bogdan rumeno dalla professione sconosciuta e il Giulio avvocato italiano che lavora in Lombardia. Il riferimento è chiaro: chi ha messo in scena questa polemica irriverente non ama chi ogni giorno passa il confine per lavorare, chi arriva dall’estero e chi prende provvedimenti (vedi Tremonti) che intaccano la ricchezza del vicino Cantone.
"Stiamo arrivando a quota 45.000 frontalieri – si legge sul sito "Bala i ratt"- un quarto della forza lavoro in Ticino. Significa che tutti i ticinesi potrebbero lavorare, ma non possono farlo perché muratori, operai, camerieri, impiegati, infermieri, ricercatori, professori dalla vicina Italia, sottopagati e comunque ben contenti di portarsi a casa stipendi che al loro paesello nemmeno si sognano (adesso poi che l’euro è in caduta libera…) gli portano via il posto da sotto il naso. E non veniteci a dire che gli svizzeri non vogliono fare più certi mestieri: se non ci fossero migliaia di pendolari che giorno e notte arrivano da Como, Varese, Milano e Novara ad occupare fabbriche, negozi, banche (sono anche lì) e ristoranti, gli svizzeri sarebbero ben contenti di non andare a timbrare".
È ignoto chi sia la mente di questa provocazione tuttavia su Facebook, in poco tempo, sono già oltre un centinaio le persone che vi hanno aderito. E ancora: "Il 60 per cento dei reati in Ticino è commesso da stranieri. Per omicidi o lesioni gravi siamo vicini al 70 per cento tra domiciliati, dimoranti o con doppio passaporto che impugnano la pistola o il coltello per farsi giustizia da soli. E c‘è un altro dato che preoccupa: in una rissa c‘è sempre di mezzo uno straniero, che per la maggior parte delle volte viene fermato e poi quasi subito rilasciato. Poi ci sono gli asilanti, che entrano nell’accogliente Svizzera, vengono mantenuti e ricevono fior di sussidi. Per non parlare di prostituzione e droga, in mano ai balcanici o agli africani. E della valanga di naturalizzazioni che possiamo dire? Niente, bisogna solo indignarsi e ribellarsi ai passaporti consegnati come fossero carta straccia".
Questa campagna è eclatante e irritante ma non è l’unica presa di posizione contro i frontalieri: pochi mesi fa erano stati accusati, anche in sede istituzionale, di "portare via il lavoro" ai residenti vista la loro disponibilità ad accettare impieghi "sottopagati". La polemica era scoppiata dopo la presentazione di un’analisi che mostrava come il numero dei lavoratori stranieri fosse aumentato nonostante la crisi. A calmare gli animi era intervenuta perfino la presidente elvetica Doris Leuthard che in risposta ad un’interrogazione alla Camera del Popolo aveva precisato come la presenza dei frontalieri fosse necessaria e da ricondurre proprio alla "particolare strutture economica della regione".
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