Il ventennio di Cherubino
Il direttore della Clinica di Ortopedia e Traumatologia ha aperto i festeggiamenti per i due decenni di attività. Cinquecentomila visite e 55mila operazioni. Una relazione brillante e un volume ricordano tutte le tappe dell'avventura
“Il male non è che fuori si invecchia, è che molti non rimangono giovani dentro”. Paolo Cherubino ha scelto una frase di Oscar Wilde per chiudere la propria relazione per l’avvio dei festeggiamenti per i vent’anni dalla costituzione della Clinica Ortopedica e Traumatologica di Varese. Una relazione nello stile a cui il professore ci ha abituati: schioppettante, ironica, perfino irriverente, ma con una grande attenzione e sensibilità verso le persone che hanno condiviso con lui questi anni di lavoro.
«Nell’estate del Novanta abitavo nel centro di Pavia e avevo raggiunto una posizione professionale eccellente. Mi venne proposto di andare a Varese per aprire l’Istituto policattedra di Ortopedia e Traumatologia della seconda facoltà di Medicina e Chirurgia. Era una sfida importante e andai a verificare cosa potevo fare. Una volta arrivato in città, all’ospedale mi ritrovai emozionato e impaurito come dovessi sostenere un secondo esame di maturità. Mi sentivo uno scolaretto davanti a Dante Trombetta e Sergio Salvatore che mi interrogavano in dialetto. Le mie notti trascorrevano insonni».

A Varese li aspettava un duro lavoro fisico ancor prima che medico. Si dovettero far largo per avere degli spazi per poter lavorare. «Il due novembre ci fu l’istituzione ufficiale.
Il sette gennaio del 1991 il primo intervento chirurgico. Da allora abbiamo compiuto oltre 500mila visite e 55mila interventi. Ho creduto a un sogno dove tutti potessero vivere il loro lavoro con serenità. Non è stato realizzato in tutto. Ho ricevuto pugnalate alle spalle e avuto momenti di profonda amarezza e delusioni, ma ho avuto la fortuna di godere del mio personale infermieristico. Sono grato alla città di Varese che mi ha accolto per quel che sono. Per la realizzazione del mio sogno serve ancora lavoro, ma se non lo completerò io lo faranno i miei collaboratori».

Cherubino ha voluto premiare diverse persone partendo dalle vedove Ferrario e Valcavi, due figure che lui ha voluto ricordare come fondamentali per l’impegno verso l’Università e la clinica. Un riconoscimento forte anche a Dante Trombetta e Sergio Salvatore, i due che lo avevano “interrogato” come uno scolaretto.
Prima del brindisi e del rinfresco una parentesi di risate con i Fichi d’India, ospiti un po’ speciali che hanno intrattenuto il pubblico per una mezzora.
I vent’anni di lavoro sono raccolti in un volume realizzato dai collaboratori di Cherubino. Un libro “dedicato ai giovani, ai quali dovrebbe appartenere il presente e di sicuro appartiene il futuro”.
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