Agostinelli “battezza” il Comitato per l’Energia Felice
L'ex consigliere regionale seguito da un pubblico interessato al Quadrifoglio di Borsano, sui temi del libro "L'Energia Felice" e sulla proposta di legge di iniziativa popolare per le rinnovabili e il risparmio energetico
Nasce anche a Busto Arsizio un Comitato per l’Energia Felice. Sulla scorta del titolo dell’ultimo volume di Mario Agostinelli dedicato agli scenari energetici e delle rinnovabili, e a conclusione di una serata seguita da un buon pubblico che ha visto l’ex consigliere regionale controbattere le tesi nucleariste, nasce dunque un gruppo che sosterrà la Legge di iniziativa popolare per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili promossa dallo stesso Agostinelli. L’obiettivo è di raccogliere 20.000 firme in Lombardia.
La serata al Quadrifoglio di Borsano, presenti militanti di Sinistra Ecologia e Libertà e altre formazioni della sinistra cittadina, ma anche giovani e studenti che si avvicinano alle tematiche dell’energia, è vissuta sull’invito forte di Agostinelli ad una politica coraggiosa e radicale, che guardi avanti e non, come sostiene, indietro come fa il fronte nuclearista, forte della "egemonia culturale" e di un dominio pressoché totale dei media. Che poi nel 1987 il referendum abbia detto stop al nucleare, non conta: ieri, era un altro giorno.
La risposta "atomica" alla fame di energia, vera o presunta, del sistema Italia – non solo da noi, ma in tutto il mondo – è per Agostinelli un tentativo di mantenere un controllo centralizzato e militarizzato sulla risorsa energia, anche in tempi di lento tramonto del petrolio come riferimento unico. "Siamo ormai vicini al ‘picco’ di Hubbert" sostiene Agostinelli, con tesi condivisa da molti osservatori: siamo cioè al punto in cui l’estrazione del petrolio diventa via via meno lucrosa, più costosa ed energivora. E il declino del re di tutto lo sviluppo industriale del Ventesimo secolo "sconvolge i detentori del potere", ma anche molta parte della popolazione che certi discorsi non li vuole sentire. Il petrolio "facile" è stato in gran parte già estratto, e anche se scoperte interessanti come quelle del Brasile o piani di sfruttamento come quelli per le sabbie petrolifere del Canada occidentale potranno allungare l’era del petrolio, non cambiano l’essenza del problema. Si consuma troppa energia, a volte proprio per poterne consumare ancora di più (una giornata di guerra in Iraq costava come sei mesi di consumi energetici dell’intera Africa subsahariana, il calcolo ai limiti del credibile, ma non lontano dal vero, esposto da Agostinelli) o per conservare alla minoranza del pianeta che ha prodotto le tecnologie in grado di sfruttare le fonti energetiche fossili – non rinnovabili se non nell’arco di milioni di anni – il suo monopolio di fatto. Il mondo vive un "racconto", una "narrazione" che per Agostinelli va criticato, non solo; le va contrapposta un’altra narrazione.
Consumare meno energia non è solo una pretesa "francescana" da anime belle. A parte il risparmio in bolletta, aumenta l’indipendenza energetica di per sè, e riduce i rischi legati al riscaldamento del clima, fenomeno naturale finchè si vuole, ma certo esacerbato dalle emissioni di due secoli di industrializzazione a tutto spiano basata su carbone prima, petrolio poi. Nucleare e gas sembrano la risposta del sistema al momento; ma non per tutti. Agostinelli cita esempi positivi, come Zurigo dove ci si è posti con serietà l’obiettivo di limitare a 2000 Watt i consumi individuali, coinvolgendo anche gli istituti di ricerca per ottimizzare l’efficienza di edifici e impianti. In Italia, invece, è tempo di nucleare, con l’ipotesi di due centrali in Lombardia (e perchè no, magari una nell’Alto Milanese…), dimenticando quanto costoso e lungo sia costruire centrali che non saranno "pronte per Kyoto" (2012), ma più probabilmente di qui a vent’anni; di quanto costi e sia di fatto senza soluzioni note la gestione delle scorie radioattive, che restano tali per tempi inconcepibili alla mente umana, anche di centinaia di migliaia di anni; dei rischi terribili nel caso malaugurato di incidente o attentato, che Chernobyl ancora ricorda con la sua allucinante "zona morta" abbandonata da tutti e che resterà chiusa ancora per molti decenni a venire. Oppure che anche di uranio non ce n’è per sempre: alle riserve attuali note, per non più di mezzo secolo, avverte Agostinelli. E al mondo ci sono già 417 centrali nucleari da alimentare.
Per contro, eolico e soprattutto solare fotovoltaico, in grande crescita anche tecnologica, "eliminano tutta la catena" delle spese e dei trasferimenti, abbisognano di investimenti iniziali ancora non indifferenti ma rendono nel tempo, e soprattutto assicurano un buon livello, in qualche caso un livello sicuro, di indipendenza energetica, proprio il contrario della centralizzazione insita nel modello nucleare, più ancora che in quello del petrolio o del gas. A suon di pannelli si possono costruire, con regole condivise, realtà positive: a Varese Agostinelli cita quella del Gruppo di acquisto Fotovoltaico. In generale, le energie rinnovabili sono un settore in espansione: "crescono del 7,9% l’anno", in piena crisi. In Germania sono ormai un pezzo importante dell’economia, e i posti di lavoro che danno sono in massima parte a tempo indeterminato. In Lombardia, invece, l’ex consigliere regionale e sindacalista ricorda ancora con rabbia estrema il destino dell’ex Alfa Romeo di Arese: piani e proposte per farne un luogo di innovazione tecnologica vanificati da scelte legate a logiche antiche.
Morale: invece della resurrezione forzosa di un settore già morto e sepolto ("perfino Ispra chiude il suo settore nucleare, nel silenzio generale"), "occorre un piano energetico nazionale che escluda il nucleare e sposti sulle energie rinnovabili le cifre relative". La proposta di legge di iniziativa popolare che Agostinelli promuove "prende il meglio delle battaglie di questi anni" e si muove proprio in questa direzione.
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